REFERENDUM: PERCHE' VOTARE.















 

                                          CULTURA E SPETTACOLI    


 


Tutti furbissimi a fare giochetti
con l’astensione

di  Maurizio Viroli
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Sono rimasto sinceramente sorpreso dall’eco che hanno avuto le mie prese dì posizio­ne, attraverso articoli e intervi­ste, in merito al referendum del 12-13 giugno, in cui ho espresso il mio sdegno per il fatto che autori­tà della Repubblica e leader politi­ci abbiano apertamente invitato gli elettori a non votare. A me sembra di aver affermato idee del tutto ovvie, ovvero che

la nostra Costituzione , all’articolo 48, defi­nisce l’esercizio di voto un «dove­re civico», e dunque incoraggiare all’astensione significa esortare i cittadini a venir meno a un loro preciso dovere.

Nella nostra Costituzione il concetto di dovere ha un ruolo di rilievo. Appare già nell’art. 2: «La Repubblica  richiede l’adempi­mento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», e ha solenne formulazio­ne nell’art. 52: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadi­no».

So bene che quando definisce l’esercizio del voto «dovere civi­co», la Costituzione non prescrive un obbligo in senso proprio. Non ci sono sanzioni per il cittadino che sceglie di non votare. 11 D. Lgs. 534/1993 ha addirittura abro­gato la blanda sanzione costituita dalla menzione «non ha votato» nel certificato di buona condotta. Ma proprio perché è dovere e non obbligo, l’esercizio del voto è a mio giudizio ancora più importan­te.

Definisce uno degli aspetti essenziali del corretto modo di essere. cittadini di una repubblica democratica. L’argomento «è sol­tanto un dovere civico e dunque ignorarlo è piccola mancanza», non ha, secondo me, alcun valore e rivela una completa ignoranza di che cosa vuol dire essere cittadi­ni.

Ad avere soltanto obblighi, è bene rammentarlo, sono gli schia­vi e i servi.
Se è un dovere sancito dalla Costituzione, i leader politici che invitano a disertare le urne opera­no in aperto spregio alla nostra legge fondamentale, e recano un danno grave alla coscienza civile del Paese.

Non c’è calcolo politico, non c’è giustificazione che tenga:
invitare all’astensionismo è un atto grave.

Ancora più grave, ovviamente, se i banditori dell’ astensione sono ministri che han­no giurato nelle mani dei Presi­dente della Repubblica di «osser­vare lealmente la Costituzione e le leggi».

In questo caso l’invito all’astensione è spergiuro.
Anche senza entrare nel meri­to del problema legale, non riesco a capire come l’opinione pubblica di un paese democratico possa accettare di essere governata da persone che violano alla leggera un solenne giuramento.

Evidente­mente vivo da troppi anni negli Stati Uniti e ho accettato come cosa ovvia che il rapporto fra governanti e governati, in demo­crazia, deve essere un rapporto di fiducia («trust»). Come possiamo fidarci di chi non rispetta il giura­mento? Sarà un modo di pensare ingenuo, ma sono convinto che sia quello giusto, e che una demo­crazia che tollera di essere gover­nata da spergiuri non ha futuro.

Per le medesime ragioni trovo inaccettabile l’invito a non votare formulato dalle più alte personali­tà della Chiesa cattolica. Esse hanno tutto il diritto a esortare i cattolici a votare sì o no secondo quello che, a loro giudizio, è il retto modo di pensare e di giudica­re. Ma dire di non votare vuoi dire invitare i cittadini italiani a calpe­stare un dovere civico in base a un calcolo di interesse.

Davvero un mirabile esempio di alto magi­
stero morale.

Quello che più preoccupa è l’ampiezza e l’eterogeneità del fronte dell’astensione: alte cariche dello Stato, leader della mag­gioranza e dell’opposizione, prela­ti: tutti uniti da una raffinata abilità di calcolare i vantaggi dell’astensione, tutti furbissimi, tutti capaci di offrire sofisticate giustificazioni alla violazione del dovere. Pare di ascoltare tanti Frati Timoteo, quello che nella Mandragola convinse Lucrezia, moglie di Nicia, che non era peccato andare a letto con un altro. Con la differenza che la Man­dragola è una commedia scritta per far ridere e tratta, come spiega Machiavelli, di cose legge­re.

Quanto sta avvenendo in que­sta campagna referendaria è inve­ce cosa assai grave che corrode il nostro costume democratico. Mi auguro davvero che il 12 e il 13 giugno siano in molti ad andare a votare: per dire a voce alta che prendono sul serio il dovere civi­le.



 


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Commenti

  1. Perdonami se il commento non è attinente... volevo solo darti il mio nuovo indirizzo..spero di ritrovarti
    li...

    A presto
    Valeria

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  2. http://memorieinvisibili.blogspot.com/

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  3. Grazie per la lettura, ne avevo proprio bisogno! 'mo la linko :D

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