. Ho visto il film avendo letto solo dei fischi presi al Festival di Venezia. All’ingresso in sala però ho come “svuotato” la mente per farmi prendere per mano dalla narrazione. Il film racconta la crisi di una coppia sposata e con due bambini. La narrazione s’inabissa nel vortice depressivo della protagonista (una splendida Margherita Buy che ultimamente pare essersi specializzata in ruoli di questo tipo, mentre Zingaretti nel ruolo del marito non mi è apparso propriamente a suo agio).Credo che la parte migliore del film sia il racconto dello scivolare della protagonista verso una specie di follia depressiva. In questo, è molto convincente e fa sentire davvero come si possa gradualmente perdere il controllo della realtà. Olga arriva a perdere il senso delle relazioni con le persone, addirittura il senso del rapporto coi bambini. Fino al momento in cui, dentro questo vortice di sofferenza, perfino le cose sembrano ribellarsi al suo controllo: la bottiglia di vino che va in frantumi in cucina, il videotelefono che non funziona, la serratura della porta di casa bloccata. E’ la cronaca di come il male prenda possesso della protagonista. Un senso di privazione che non può essere curato da nulla, tanto da far diventare paradossale l'affermazione del marito “Tu hai bisogno di distrazioni”. E’ il racconto di una perdita di senso e di relazioni con il mondo quello che va in scena. La feroce sofferenza psicologica arriva al punto che le fa perdere il confine fra realtà e pensiero. E così, nel libro che sta traducendo per una casa editrice, finiscono interi brani del suo pensare, in una sorta di monologo interiore che si fa delirio. Durante il film mi sono trovato a pensare ad un punto che non c’è nulla da fare: il male esiste. E davvero esistono persone che irresponsabilmente finiscono per incarnare il male. Il marito chiuso in una indifferenza e un’insensibilità totale, senza spiragli, senza margini di apertura o dialogo, simbolizza proprio questo genere di persone. Esiste tutto questo. Non sono fantasie cinematografiche. Esistono persone che ad un punto si comportano cosi. Con un cinismo da far rabbrividire. E la cosa più raccapricciante è che non “si vedono” mentre compiono questo tipo di “crimini” sotto il profilo umano.
Diventano tanto superficiali da non “sapersi vedersi “. E magari gli capita di andare a vedere un film e vedersi allo specchio sullo schermo. E riconoscersi in quella smorfia del marito, in quei suoi silenzi, in quel suo dire “Non sto bene. Ho un vuoto di senso” Ma servirà mai a queste persone provare questa vertigine? Vedersi allo specchio dentro un film? Ma chi le salverà mai queste persone che non sanno nemmeno, perché amavano prima e perché non amano più dopo? E’ una colpa non amare più? Tutto il film ruota attorno a questo interrogativo e la voce di Olga beffardamente risponde “No non è una colpa”. Ma il dramma sta lì:in quelle parole. In quel marito che se ne va tranquillo e con la sensibilità da elefante non si pone alcuna domanda. Va bene cosi. E’il consueto opportunismo che conosciamo, che cerca l’assoluzione. Che evita di scavarsi dentro. Che passa da una donna all’altra con totale inconsistenza del sé. E nel film, come nella vita, chi compie con beata leggerezza tutto ciò, non può non apparirci come la negazione della persona e il trionfo di una inconsapevolezza più vicina al mondo animale che a quello umano. Il film nella seconda parte tuttavia perde tono e convinzione prospettando una tiepida svolta della protagonista che si apre ad una nuova amicizia. Il tema del film è stato frequentato da numerosi registi e questo di Faenza non mi pare brillare per originalità. Alla fine rimane impressa l’interpretazione di Margherita Buy e poco altro.
[ k ]
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lo sospettavo
RispondiEliminainfatti non sono andata a vederlo...
un bacio
chiara*
Ciao Carlo! Dunque, in pratica, concordi con me, mi par di capire! Bacioni, Vera
RispondiEliminaGrazie della tua sensibilità e della capacità di esprimerla.
RispondiElimina(anche Onyricon ringrazia)
Bacionotte :)
avendo letto il libro della Ferrante che é un autentico pugno nello stomaco, per ora ho rimandato di vedere il film.
RispondiEliminaFaenza é cmq, un regista sensibile, a cui manca qualcosa per cogliere pienamente l'obbiettivo, come é successo anche i altri suoi films. Per es. "Prendimi l'anima".
buona domenica!
to Cinnamomum
RispondiEliminasi Vera, a me pare riuscito per metà.
Faenza non è un regista che vada in cerca di "furbizie".
A volte riesce ad ottenere ottimi risultati,a volte un po meno, ma gli va dato atto di affrontare con molta onestà i temi che sceglie.
Un abbraccio carissima!
P.S.
Ora mi resta da mettere la recensione di "La bestia nel cuore" :o) :o)
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to kneff:
concordo sulla sensibilità di Faenza e sulla sua onestà.Buona domenica pure a te.