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Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare. Scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natia rimanga ne’ cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria. Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquio, calpestio, dolci romori. Ah perché non son io co’ miei pastori? |
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L'anonima sono io, Sorrysò
RispondiEliminaNon amo D'Annunzio, però mi hai riportato indietro di qualche annetto, quando, alle medie,imparai questa poesia a memoria... :-)
RispondiEliminate pensa che questa è l'unica cosa che sopporto io, dell'odiato Gabriele
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