La meditazione II

 
 
 
 
 

 

 

 
     

 

La meditazione è la tua  NATURA

 

 

 

 

 

 
 
         Cos’è la meditazione? E’ una tecnica da praticare? E’ uno sforzo da fare? E’ qualcosa che la mente può raggiungere?
 
No. Tutto ciò che la mente può fare non può essere meditazione — essa è qualcosa al di là della mente, la mente è del tutto impotente.
 
La mente non può penetrare la meditazione; la meditazione comincia dove la mente finisce. Bisogna ricordarlo, perché, nella nostra vita, qualsiasi cosa facciamo la facciamo con la mente; qualunque cosa raggiungiamo la raggiungiamo attraverso la mente. Quindi, quando guardiamo dentro di noi, pensiamo ancora in termini di tecniche, metodi, azioni, perché l’intera esperienza della nostra vita ci mostra che tutto può essere fatto attraverso la mente.
 
E’ vero - eccetto la meditazione-  tutto può essere fatto con la mente. Ogni cosa è fatta con la mente, tranne la meditazione. Poiché la meditazione non è un risultato — è una condizione reale, è la tua natura. Non deve essere raggiunta, deve solo essere riconosciuta, deve solo essere ricordata.
 
E’ lì che ti aspetta - un semplice sguardo dentro di te ed è disponibile. L’hai sempre portata con te, sempre.
 
La meditazione è la tua natura intrinseca — sei tu, è la tua essenza, non ha niente a che fare con le tue azioni.
 
Non puoi averla e non puoi non averla. Non può essere posseduta, non è una cosa.  Sei tu, è la tua essenza.
 

 

 

 

 

 

La meditazione è NON-FARE

 

 

 

 

 

Quando le persone mi chiedono: «Come si fa a meditare? », io rispondo loro: «Non c’è alcun bisogno di chiedere come meditare, chiedete solo come non avere occupazioni.
 
La meditazione “accade” spontaneamente. Chiedete solo come non avere occupazioni, e basta. Il trucco della meditazione è tutto qui: come non avere occupazioni. Se non avete occupazioni non potete fare nulla, e la meditazione fiorirà».
 
Quando non stai facendo nulla, l’energia si muove verso il centro. Quando stai facendo qualcosa, l’energia fuoriesce. Fare è un modo per uscire da te stesso. Non fare è un modo per entrare dentro di te.
 
L’occupazione è una fuga: puoi leggere la Bibbia, e farne un’occupazione. Non c’è alcuna differenza tra le occupazioni religiose e le occupazioni profane, tutte le occupazioni sono occupazioni, e ti aiutano a tenere il tuo essere agganciato all’esterno. Sono scuse per rimanere all’esterno.
 
 
L’uomo è ignorante e cieco, e vuole rimanere ignorante e cieco, perché gli sembra che entrare dentro di sé sia come entrare in un caos. Ed è così: hai creato un caos dentro dite. Devi incontrarlo e attraversarlo. Ci vuole coraggio — il coraggio di essere se stessi, il coraggio di entrare dentro di sé.
 
Io non ho incontrato un coraggio maggiore di questo — il coraggio di essere meditativo.
 
Ma le persone che sono occupate all’esterno, con cose terrene o non terrene, ma in ogni caso occupate, credono... — e hanno messo in giro delle chiacchiere su questo, hanno i loro filosofi — dicono che se sei riflessivo, sei, in un certo senso, malato; in te c’è qualcosa che non va. E queste persone sono la maggioranza. Se tu mediti, se stai seduto in silenzio, ti prendono in giro:  «Cosa fai, ti guardi l’ombelico? Cosa fai, apri il terzo occhio? Dove vai? Sei malato?... Cosa c’è da fare lì dentro? Non c’è niente al tuo interno!».
 
 
Per la maggioranza delle persone l’interno non esiste, esiste solo l’esterno. Ed è esattamente l’opposto: solo l’interno è reale, l’esterno non è altro che un sogno. Ma loro chiamano gli introversi malati, chiamano i meditatori malati. In Occidente si pensa che l’Oriente sia un po’ malato.
 
A cosa serve stare seduto, da solo, e guardarti dentro? Cosa vuoi trovare lì? Non c’è niente!
 
 
David Hume, un grande filosofo inglese, una volta ci provò, perché stava studiando le Upanishad, che ripetono di continuo: Vai dentro, vai dentro, vai dentro — questo è il loro unico messaggio. Così, ci provò. Un giorno chiuse gli occhi — un uomo totalmente laico, molto logico, empirico, ma niente affatto meditativo — chiuse gli occhi, e poi disse: «E’ così noioso! E’ una noia guardare dentro. Pensieri in movimento, e talvolta alcune emozioni; e tutto questo conti­nuo rincorrersi nella mente, mentre tu continui a guardarli — ma che senso ha? È inutile. Non ha alcuna utilità».
 
 
Questo è tutto quello che molte persone riescono a comprendere. Il punto di vista di Hume è quello della maggioranza: Che cosa speri di trovare all’interno? C’è oscurità, e pensieri che fluttuano per ogni dove. Che cosa farai? Che cosa ne verrà fuori?
 
Se Hume avesse aspettato un po’ più a lungo — ed è difficile per gente come lui — se fosse stato un po’ più paziente, piano piano i pensieri sarebbero spariti e le emozioni si sarebbero acquietate. Ma se anche  gli fosse successo, avrebbe detto: «Questo è anche peggio, perché così arriva il vuoto. Almeno prima c’erano i pensieri, qualcosa di cui occuparsi, qualcosa da guardare, a cui pensare. Adesso sono scomparsi anche i pensieri. Solo vuoto... Cosa si può fare col vuoto? E' assolutamente inutile».
 
 
Ma se avesse aspettato ancora un po’, allora sarebbe sparita anche l’oscurità. È proprio come quando passi dal sole infuocato all’interno della casa: tutto sembra scuro, perché i tuoi occhi hanno bisogno di abituarsi. Si sono fissati sul sole infuocato all’esterno, e in confronto la tua casa sembra buia. Non riesci a vedere, ti sembra che sia notte. Ma aspetti, ti siedi, ti riposi su una poltrona, e dopo pochi secondi gli occhi si abituano. Adesso non è buio, c’è un po’ più di luce... Riposi per un’ora e tutto è luce, non è più scuro.
 
Se Hume avesse aspettato un po’ più a lungo anche l’oscurità sarebbe scomparsa. Poiché hai vissuto all’esterno, sotto il sole infuocato, per molto tempo, i tuoi occhi sono diventati fissi e hanno perso duttilità. Si devono sintonizzare. Quando si entra in casa si ha bisogno di un momento, di un po’ di tempo, e di pazienza.
 
Non avere fretta. Con la fretta nessuno può arrivare a conoscere se stesso. E un’attesa molto, molto profonda. Ci vuole pazienza. A poco a poco l’oscurità scompare.  
 
Compare una luce senza origine. Non contiene fiamma, non ci sono lampade che bruciano, non c’è alcun sole. Solo una luce, come al mattino: la notte è scomparsa e il sole non è sorto ancora... O la sera, al crepuscolo, quando il sole è tramontato e la notte non è ancora scesa.
 
Ecco perché gli indù chiamano il momento delle preghiere sandhya. Sandhya significa crepuscolo, luce senza origine. Quando entri dentro di te incontri la luce senza origine. In tale luce, per la prima volta, cominci a capire te stesso, a capire chi sei, perché quella luce sei tu.
 
Quel crepuscolo, quella sandhya, quella chiarezza pura, quella percezione, in cui l’osservatore e l’osservato scompaiono, e solo la luce resta, sei tu.

 

 

 

 
     

 

La meditazione è ESSERE TESTIMONE

 

 

 

 

 

 
La meditazione comincia con l’essere separati dalla mente, con l’essere un testimone. Questo è l’unico modo per separarti da ogni cosa. Se stai guardando la luce, una cosa è certa: tu non sei quella luce, sei colui che la guarda. Se stai osservando i fiori, una cosa è certa: tu non sei il fiore, sei colui che osserva.
 
Osservare è la chiave della meditazione. Osserva la tua mente.
 
Non fare niente,  semplicemente osserva qualunque cosa la mente stia facendo. Non disturbarla, non ostacolarla, non reprimerla; non fare proprio niente. Sii solo colui che osserva, il miracolo dell’osservare è la meditazione.
 
Osservando, piano piano la mente si svuoterà dei pensieri, ma tu non ti stai addormentando: stai diventando più vigile, più consapevole.
 
Quando la mente si svuota completamente, tutta la tua energia diventa fuoco del risveglio. Questa fiamma è il risultato della meditazione. Quindi, puoi dire che meditazione è un altro nome per guardare, per essere testimone, osservare — senza giudizio, senza valutazione. Con il semplice osservare... esci subito dalla mente.
 
Se vuoi proprio capire cosa sia la meditazione, Gautama il Buddha è il primo uomo che è arrivato alla sua giusta, esatta definizione: essere testimone.
 

 
     

 

 

 

 

La meditazione è FARE UN SALTO 

 

 

 

 

 

 
Non potrai mai andare al di là della mente se continui a usarla. Devi fare un salto, e meditazione significa questo: fare un salto. Ecco perché la meditazione è illogica, irrazionale. E non può essere resa logica, non può essere ridotta alla ragione. Devi sperimentarla, solo se ne fai esperienza, la conosci.
Quindi prova questo: non pensarci, provalo — prova a essere testimone dei tuoi pensieri. Siediti, rilassato, chiudi gli occhi, e lascia scorrere i tuoi pensieri proprio come le immagini scorrono su uno schermo.
    Guardali, osservali, fanne gli oggetti della tua attenzione. Se un pensiero affiora, osservalo profondamente. Non pensarci, semplicemente osservalo. Se inizi a pensarci, allora non sei un testimone — sei caduto in trappola.
Si sente un clacson da fuori — oppure abbaia un cane, o succede qualcosa — ed ecco che un pensiero affiora: «Sta passando una macchina». Tu non pensarci, semplicemente osserva quel pensiero: è affiorato e ha preso forma. Ora è davanti a te. Presto passerà, e un altro pensiero lo rimpiazzerà. Continua a osservare questo processo. Se sarai capace di osservare questo processo senza pensarci, anche per un solo momento, avrai fatto un primo passo, saprai qualcosa di ciò che vuol dire essere testimone. E questa è una cosa che ha un sapore diverso dal pensare — totalmente diverso. Ma occorre sperimentarla.
 
 
La religione e la scienza sono agli antipodi fra loro, ma in una cosa sono simili e mettono la stessa enfasi: entrambe si basano su esperimenti, tanto la religione quanto la scienza. Soltanto la filosofia è non-sperimentale. La filosofia si basa solo sul pensiero.
 
Religione e scienza si basano entrambe su esperimenti: la scienza sperimenta sugli oggetti, la religione sulla tua soggettività. La scienza si basa su esperimenti con cose altre da te, e la religione su esperimenti direttamente con te. È difficile, perché nella scienza c’è colui che fa l’esperimento, c’è l’esperimento e c’è l’oggetto su cui si compie l’esperimento. Ci sono tre cose: il soggetto, l’oggetto e l’esperimento.
 
Nella religione tu sei tutte e tre queste cose nello stesso tempo. Sei tu che sperimenti su te stesso. Tu sei il soggetto, tu sei l’oggetto e tu sei il laboratorio.
 
Non continuare a pensare. Comincia, da qualche parte, a sperimentare. Allora potrai sentire direttamente cosa sia pensare e cosa sia essere testimone. Allora ti renderai conto che non puoi fare entrambe le cose contemporaneamente, proprio come non puoi correre e stare seduto nello stesso momento. Se corri non puoi sederti, non sei seduto. E se sei seduto, non puoi correre.
 
Ma sedersi non è compito delle gambe. Il loro compito è correre. Sedersi non è compito delle gambe, piuttosto è un loro non-compito. Quando le gambe stanno funzionando, allora non sei seduto. Sedersi è un non-compito delle gambe; correre è un loro compito.
 
Per la mente è la stessa cosa: pensare è un compito della mente, essere testimone un suo non-compito. Quando la mente non funziona, sei un testimone, e allora sei consapevole.
 
 

 
     

 

 

 

 

La meditazione è SCIENTIFICA

 

 

 

 

 

    La meditazione è un puro metodo scientifico. La scienza è osservazione, osservazione degli oggetti.
 
Quando ti rivolgi al tuo interno si tratta della stessa osservazione, solo che hai fatto un giro di centottanta gradi e stai guardando dentro di te. Questo è ciò che chiamiamo meditazione.
 
Non c’è bisogno di nessun dio, non c’è bisogno di nessuna Bibbia. Non hai bisogno, come prerequisito, di appartenere a un credo.
 
Un ateo può meditare esattamente come chiunque altro, perché la meditazione è solo un metodo per guardare dentro di sé.
 

 

 

 

 
     

 

La meditazione è UN ESPERIMENTO

 

 

 

 

 

    Non credi in Dio? Questo non è un ostacolo alla meditazione. Non credi ell’anima? Questo non è un ostacolo alla meditazione. Non credi a niente?
 
Questo non è un impedimento. Puoi meditare lo stesso, perché la meditazione dice semplicemente come entrare dentro di sé: che ci sia o no un’anima, non importa; che ci sia o no un Dio, non importa.
 
 
Una cosa è certa: tu ci sei. Se ci sarai o meno dopo la morte, non importa. Una sola cosa ha importanza: in questo preciso momento tu ci sei, ma chi sei? Questo è meditazione: addentrarti nel tuo essere più profondo.     Forse è una cosa momentanea, forse tu non sei eterno, forse con la morte finisce tutto.
 
Noi non poniamo alcun presupposto a cui credere. Noi diciamo solo che devi sperimentare. Prova. Un giorno accadrà: i pensieri non ci saranno più!
 
E improvvisamente, quando i pensieri spariscono, tu e il tuo corpo siete separati — poiché i pensieri fungono da ponte. Sei collegato al tuo corpo attraverso i pensieri, essi sono il legame.. Improvvisamente il legame sparisce, allora ci sei tu, c’è il corpo, e c’è un abisso infinito tra voi due.
 
A quel punto tu sai che il corpo morirà, ma che tu non puoi morire. Quindi la meditazione non è qualcosa di simile a un dogma, non è un credo, è un’esperienza — evidente in se stessa.
 
Quel giorno la morte sparisce; quel giorno il dubbio sparisce, perché tu non devi più continuare a difenderti.
 
Nessuno ti può distruggere, sei indistruttibile. Allora cominci ad avere fiducia, una fiducia traboccante. E avere fiducia significa essere in estasi; significa essere nella pienezza; significa sentirsi appagati.
 
Pertanto io non dico: coltiva la fiducia. Io dico: sperimenta la meditazione.

 

 

 

 
     

 

La meditazione è SILENZIO

 

 

 

 

 

 
Mente vuol dire parole; sé vuol dire silenzio. La mente non è altro che l’insieme di tutte le parole che hai accumulato; il silenzio è ciò che è sempre stato con te, non è un accumulo. Questo è il significato del sé. Esso è la tua qualità intrinseca. Sullo sfondo del silenzio tu continui ad accumulare parole, e la somma delle parole è conosciuta come mente. Il silenzio è meditazione. Si tratta di cambiare la Gestalt, spostando l’attenzione dalle parole al silenzio — che è sempre presente.
 

 

 

 

 

 

La meditazione è  PARADISO 

 

 

 

 

 

     La meditazione è uno stato naturale dell’essere, uno stato che abbiamo perduto. Essa è un paradiso perduto... ma il paradiso può essere riconquistato! Guarda negli oc­chi dei bambini, guarda, e ci vedrai un silenzio e un’innocenza straordinari. Ogni bambino nasce in stato meditativo, ma poi bisogna iniziarlo alla società e ai suoi modi; bisogna insegnargli come pensare, come contare, come ragionare, come discutere; bisogna insegnargli parole, linguaggi, concetti. E piano piano egli perde il contatto con la sua innocenza. Viene contaminato e inquinato dalla società. Diventa un meccanismo efficiente, non è più un essere umano.
 
C’è solo bisogno di conquistare ancora una volta quello spazio. L’hai conosciuto in passato, per cui, quando incontri per la prima volta la meditazione, ti stupisci,  perché hai la sensazione fortissima di averla già conosciuta. E questa sensazione corrisponde al vero: l’hai già conosciuta, ma l’hai dimenticata. Il diamante si è perso sotto mucchi di spazzatura. Ma se riesci a eliminarli troverai di nuovo il diamante — esso è tuo.
 
Non lo si può davvero perdere, si può solo dimenticare. Noi nasciamo come meditatori, poi impariamo le mille vie della mente. Ma la nostra vera natura rimane nascosta da qualche parte nel profondo di noi, come una corrente sotterranea. Un giorno, basta scavare un po’... e troverai la sorgente, acqua fresca che sgorga ancora dalla sorgente. E trovarla è la gioia più grande della vita.  
 
     
     
 
[ Cos'è la meditazione, Osho, 1999 ]
 
     
     
     


 

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