Mutazioni I
La mattina in cui K. si risvegliò senza ombra non fu diversa da tutte le precedenti.
La sveglia suonò all’ora prefissata. I fiumi continuarono a scorrere verso il mare, la luce solare, illuminò con costanza, dall’alba al tramonto la città in cui era nato e vissuto fino ad allora. Il sole anche quel giorno disegnò la sua abituale traiettoria nel cielo, come aveva fatto ininterrottamente per milioni di anni in precedenza con la sola eccezione delle giornate di cielo coperto.
Nulla in apparenza mutò nel corso degli eventi. La rassicurante continuità con la quale i giorni si susseguono ai giorni, anche quella mattina, venne a dare conforto alle persone che si stavano alzando dai loro letti per andare incontro alla nuova giornata. Lo stesso K. seppure ancora assonnato, si diresse verso il bagno come faceva ogni giorno. La sequenza dei suoi atti non fu interrotta da nessun moto di sorpresa. Al contrario il fatto che fosse un venerdì, non appena si condensò nella sua mente ancora intorpidita, gli instillò un certo buon umore. Egli scese in cantina e inforcata la bicicletta si diresse con poche pedalata sulla strada che conduceva al suo ufficio. Ora, durante quel primo percorso fatto all’aperto, forse per un difetto d’attenzione forse per la solita “ testa nelle nuvole " - espressione quest'ultima, con la quale era solito abbandonarsi ad una lieve autoironia - nulla venne a modificare la percezione di sé stesso che egli aveva maturato nel corso del tempo .
Eppure, se solo avesse abbassato gli occhi fino a terra, il fatto nuovo, l’avrebbe di certo colpito. Anche i rari passanti delle vie del centro, a quell'ora, se soltanto avessero prestato attenzione a ciò che s’andava disegnando sull’asfalto, avrebbero subitaneamente osservato che solo l’esile silhouette della bicicletta era presente.
Il vorticoso movimento delle razze delle due ruote, tuttavia, finì anch’esso per scomparire non appena la bici di K. prese velocità. Qualche fantasioso osservatore, quindi, avrebbe potuto ipotizzare che anche l’ombra di K. avesse seguito quella strada. Se é vero che di ogni corpo lanciato in velocità tendiamo a perdere i contorni, allora si sarebbe potuto sospettare che anche il corpo di K. quella mattina stesse attraversando lo spazio a folle velocità causando a tutti coloro che l’avessero osservato, quella bizzarra forma di cecità. Ma era cosi? E soprattutto, il venir meno della propria ombra come doveva essere interpretato? Solo molto tempo dopo K. si ricordò di quel venerdì mattina… Ora, chi si soffermasse a considerare la posizione di K., potrebbe valutare a ragione, del tutto ininfluente questa mancanza di ombra. Qualcuno potrebbe facilmente sostenere la futilità della propria ombra... la sua completa irrilevanza.
D’altra parte nel corso dei millenni non é forse vero che l’umanità non è riuscita ad escogitare nessun utilizzo della propria ombra? Men che meno, un suo utilizzo economico.
La Storia non registra a tutt’oggi nessun tentativo di vendita o di affitto e nemmeno un prestito, una donazione della propria ombra. In poche parole non è mai nato "un mercato" di ombre. Le uniche notizie reperibili sulla materia parlano di sporadici casi di uso della propria ombra quale protezione per i piccoli. Risulta infatti che qualche madre o nonna abbia utilizzato la propria ombra per sottrarre un bimbo al diretto irraggiamento solare in spiaggia o in barca... ma la cosa é da ritenersi a dir poco irrilevante. Pare dunque che l’ombra sia da annoverare fra i fenomeni più inutili che accompagnano l’umanità. Altri osservatori, al contrario potrebbero tirare conseguenze inquietanti dall'evento, facendosi forti del fatto che quel corpo privo d’ombra si sottraeva alle più elementari leggi fisiche. Esisteva ancora quel corpo? Era in atto una sconosciuta mutazione per effetto della quale il primo risultato era questa possibilità di essere attraversati dalla luce? Di certo rimane che K. arrivò senza un solo minuto di ritardo in ufficio. Il saluto che rivolse ai colleghi apparentemente attestava - per quel poco che possa valere questa affermazione- che egli ancora esisteva . | ||||||
[ k ] | ||||||
Bellissimo questo racconto. Come sempre riesci ad incantarmi con le tue parole. Un grosso bacio
RispondiElimina: )
RispondiEliminaQuel "I" lì,
proprio all'inizio,
mi fa sperare che di queste storie hai in programma una serie,
o almeno di pubblicare qualche altro frammento,
e ne sono felice, tanto,
perchè davvero davvero è un bel racconto.
Il periodare è così lieve, disteso...
si legge che è una meraviglia!
Da arrivare in fondo
e rammaricarsi che sia finito!
(e infatti l'ho riiniziato da capo, due volte almeno!)
L'ombra... proprio grazie all'ombra
Caronte riconosce Dante come vivo,
in mezzo alle altre anime.
E a Peter Pan?
Fu Meggy (si chiamava così?)
a dovergliela riattaccare quando la smarrì...
non è vero?
Mi lasceresti ricucire l'ombra a K.
se dovesse smarrirla di nuovo?
L'ombra... ci pensi?
ecco il nostro certificato di esistenza!
Poche cose esistono di tanto inutili e trascurabili
eppure...
eppure solo la nostra ombra ci assicura di essere vivi!
Vivi certo... bhè si ecco...
per quel che basta ad essere puntuali a lavoro,
ma per il resto?
Cos'è che ci assicura di stare vivendo davvero Carlo?
Me lo diresti, se dovessi scoprirlo?
Un bacino,
grazie per questa storia,
scrivine ancora eh...d'accordo?
buonanotte :-*!
ma come non lo sai a cosa serve l'ombra? senza come faremmo a tenere i piedi a terra, come faremmo a non farci portar via dal vento. è l'ombra che ci rende concreti, senza non potremmo neanche toccarci. e proprio l'ombra che non puoi toccare ci rende tangibili.
RispondiEliminae ora che tu hai perso l'ombra che mai succederà? io al posto tuo comincerei a studiare le possibilità di questa nuova condizione.
non ti spaventare, ma è molto probabile che tu cominci a sentirti leggero, e se sotto i piedi non sentirai più la terra, ma l'aria, diciamo una nuvola, diciamo il cielo, non ti stupire.
raccontami, fammi sapere.
Caro Carlo, grazie per essere dalla mia parte.
RispondiEliminaCi scambiamo da tempo messaggi sul blog e mi sembra un po’ di conoscerti, di sentirti in qualche modo amico.
Probabilmente nel leggere il mio post hai saltato qualche passaggio.
Mi sembra chiaro che se vuoi “frequentare” qualcuno prima lo devi conoscere
e prima di conoscere qualcuno non sai che persona sia.
Inoltre non volevo certo condannarlo, non è una persona spregevole o negativa,
volevo solo capire.
Prima di condannare a morte uno sconosciuto, siamo sicuri di esserci comportati sempre correttamente verso gli altri; siamo sicuri di essere migliori?
La risposta di gattocolorato è molto istruttiva, ti assicuro, perché lavora con questa “materia”.
Se anche purocuore trova del materiale che possa dargli carica e idee mi fa sicuramente piacere.
Vorrei non pronunciare mai sentenze assolute.
buondì
RispondiEliminafadesnonloggata