Le carte geografiche


 
Veduta di Sillian
veduta di Sillian


 
 
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Ricordava perfettamente una gita a cui aveva partecipato undicenne. Era in vacanza per un campo-scuola parrocchiale assieme ad un gruppo di coetanei  in Val di Fassa.
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In pullman, percorrendo la Val Pusteria, il gruppo di ragazzi era stato condotto alla frontiera con l’Austria. Ricordava ancora,  perfino visivamente, le indicazioni "San Candido" e "Prato alla Drava" sui cartelli a sfondo blu, che contrastavano col verde intenso della vallata. . Era luglio e il bambino che era allora, non si capacitava di quella stranezza. In Romagna - la terra da cui proveniva - inizio luglio era il momento in cui l’erba abbandonava il verde, per assumere tonalità ambrate, bionde, opache, mentre in questa nuova terra - le Dolomiti – i prati si accendevano e brillavano nel trionfo impetuoso del verde. D’ogni tipo di verde.
 
Gli era rimasto impresso dentro, quel momento in cui, per la prima volta, assieme al resto del gruppo, s’era spinto oltre la frontiera.
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A piedi avevano percorso diverse centinaia di metri fino alle prime case austriache. Vi era un bar, una pasticceria, una rivendita di giornali e cartoline. Dopo che avevano attraversato la Dogana, ognuno s’era trovato fra le dita, grazie al Capogruppo, qualche scellino austriaco con tanto di aquila in rilievo. Al negozio, egli trascorse tutto il  tempo concesso, a scrutare con puntiglio ogni oggetto e ogni scritta di quella lingua tanto ostica, quanto imprevedibile. Comprò delle cartoline.
E camminando sul bordo della strada principale, al ritorno, ricordava bene di aver fissato quel paesaggio quasi per imprimerselo addosso in modo definiti- vo ... il severo profilo delle montagne con le rocce grigie a confondersi con le nubi, i boschi di abeti sui costoni, i prati piu’ chiari che illuminavano il fondovalle.
 
Tornando verso l’Italia s’era trovato a raccogliere, più e più volte, strani sassi grigio-argentati che brillavano in mezzo all’erba,  lungo il ciglio della strada.
 
Raffiorò nitido poi  quel suo gesto di allora.
Appena superata la Dogana, s'era fermato qualche minuto e dall’argine a fianco della strada principale aveva gettato un pezzetto di legno, nell’acqua della Drava, il fiume che si dirigeva verso Sillian.
 
Si rivide nel gesto definitivo di lanciare in acqua quel legno ricavato da un ramo d’abete. Quella nave immaginaria, su cui aveva inciso con il coltellino, il suo breve nome. .
Dai ricordi riemergevano  anche lo stato d’animo, i pensieri, la trepidazione, di quel lancio. In quegli istanti fu improvvisamente consapevole di essere come ad un primo limite, della propria vita.
Quel legno appuntito gettato nell’acqua cos’era se non un volersi proiettare nel futuro e nell’altrove?
Lo comprendeva ora. Come una fulminea certezza che arriva a stringerti in un nodo, la gola.
 
Ricordava di aver seguito quel legno con lo sguardo, fin quando aveva potuto.. e poi seduto sul pullman, ancora.. di averlo inseguito con il pensiero, lungo le vallate austriache, nel suo tuffarsi nelle acque torbide del Danubio, in quello scorrere sotto le arcate dei ponti di Belgrado e poi giù giù fino al Mar Nero. Appassionato di geografia com’era, si compiaceva nel figurarsi i mille momenti di quel percorso infinito. Perfino i canneti del delta rumeno provò ad immaginare, immerso nella sonnolenza del viaggio di ritorno.
 
Abbandonato, con la testa contro la tenda del finestrino del pullman, il pensiero di quel legno, l’accompagnò per molto tempo alternandosi al sonno, fin quando a tarda sera, non erano infine giunti all’albergo in Val di Fassa.
 
In quei momenti, a gita appena terminata, fu preso da un pungente stupore, pensando a come il paesaggio oltre il confine somigliasse in tutto e per tutto, a quello della sua patria: l’Italia. Non s’era manifestato alcun cambiamento al di là del confine. Proprio quel confine che sulle cartine, aveva sempre immaginato come una delimitazione di un mondo e l’inizio di un mondo del tutto diverso.
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Allora per la prima volta cominciò a incrinarsi la sua fiducia nella capacità dell’uomo di definire e interpretare il mondo. Tutta l’opera umana di classificazione della realtà circostante, gli parve come una superstizione, qualcosa più vicino alla credenza in Babbo Natale e nei doni della Befana che all’inesorabilità dei fatti  percepiti coi sensi. Si trovò improvvisamente tradito da quella conoscenza presa a prestito negli anni appena trascorsi della scuola elementare.
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Perché mai quel sapere si mostrava così lontano dalla concretezza delle montagne e dei luoghi ? .

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Ripensava a tutte le cartine che comparivano nel suo sussidiario. Quei colori così diversi: il giallo chiaro con cui veniva riempita l’esile e schiacciata figura dell’Austria e il verde sfumato che evidenziava la slanciata silhouette dello stivale italiano. Perché mai ora invece quella netta separazione, stentava a incidersi nel mondo reale?
 
In quei giorni di vacanza, vacillava per la prima volta, il fiducioso abbandono alla certezza di  tutto ciò che gli veniva insegnato.
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Un seme di dubbio, un germe delle sue future riserve sul mondo, si trovò a germogliare fra i pensieri di quel bambino che da allora, iniziò a farsi sospettoso d’ogni sapere.
 
 
     
     
 
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Drava e pista ciclabile per Lienz
 
 

Commenti

  1. Confini insistenti, certezze che vacillano...
    e negli occhi di un bambino si fa strada il dubbio che scava solchi profondi...

    una pagina densa di emozioni

    ciao, Carlo, ti sia lieve la notte

    Blue

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  2. Davvero felice di averti ritrovato.
    Un bacio

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  3. Molto coinvolgente questo tuo ricordo di bambino: i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue fantasie da modificare sulla scorta di nuove informazioni molto più realistiche della sua immaginazione ma non per questo più vere. Un dolore, un inganno. Carlo, eri già un bambino molto riflessivo e di un'intelligenza speciale.
    Buona giornata
    Bessola-Gianluisa

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  4. tornare, riaffiorare, riFerire(sé). come ogni viaggio d'anima ricordo. e musicamagia. Re star(ci )

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  5. La bambina che va sotto gli alberi
    non ha che il peso della sua treccia,
    un fil di canto in gola.
    Canta sola
    e salta per la strada; ché non sa
    che mai bene più grande non avrà
    di quel po’ d’oro vivo per le spalle,
    di quella gioia in gola.

    A noi che non abbiamo
    altra felicità che di parole,
    e non l’acceso fuoco e non la molta
    speranza che fa grosso a quella il cuore,
    se non è troppo chiedere, sia tolta
    prima la vita di quel solo bene.

    Camillo Sbarbaro

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  6. Carlo, ciao, buona sera!

    Bello questo racconto, la tua immaginazione di bambino e quel percorso lungo fiumi silenziosi.
    Non sono certo la prima che parla di "lode al dubbio". Poeti e filosofi e scrittori ne hanno parlato a lungo.
    Ognuno di noi, che cresce ricordando sempre questo assunto fondamentale per la conoscenza, continua, in qualche modo, a confrontarsi di giorno in giorno con questo amico che ci rende non tanto sospettosi, quanto accorti, attenti, meticolosi nell'interpretare la realtà.
    Credo che, nonostante la inevitabile sofferenza, questo atteggiamento sia l'unico..adatto..
    Il discorso, vedi bene, si fa troppo lungo...
    Pardon..

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  7. Molto suggestivo questo racconto...strana e bella la tua confidenza con l'acqua alla quale affidi anche il tuo futuro e la tua ansia di verità...
    Carlo....hai un bel nome

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