Perchè parlare di scuola?






















































     
     
     
     
 

Torno a parlare di Scuola. Non perché ci lavori direttamente. Non perché mi riguardi il nuovo Contratto nazionale siglato appena due settimane fa. Non perché la Scuola mi dia da vivere...
Torno a parlare di questa Istituzione perché nella scuola ho trascorso circa 20 anni come studente e perché appartengo a quell’esigua e ostinata minoranza di italiani che seguita a considerare la Scuola come lo snodo essenziale di ogni società umana.


Insomma lo ammetto. Fra i numerosi difetti che m’appartengono, ho anche questa “assurda” convinzione che discende in parte dal pensiero greco, che vede nell’educazione  lo strumento per far nascere l’uomo.


 


Scuola dunque come "ostetrica". Quella che porta alla luce i pregi e i difetti e l’identità dell’individuo, arrivando a gettare luce nella sua oscurità per estrarne possibilmente un essere umano equilibrato, attento, propositivo.
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Belle parole eh!
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Sembrerebbero essere solo belle parole, astratte e fuori dal mondo, queste...
E invece devo riconoscere che é la mia convinzione da sempre e più ancora, la mia stessa storia. Per me la scuola é stata questo.
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Apertura al mondo dell’arte, degli interessi, delle passioni. Apertura alla vita e alla sua bellezza filtrata attraverso gli occhi dei pensatori antichi e degli scrittori moderni.
Scuola come stimolo alla curiosità, agli interrogativi, alla consapevolezza.


Ed é così - io credo- che dovrebbe essere.  Scuola come cantiere aperto per  la formazione di esseri umani dotati di senso critico e indipendenza di pensiero. Non semplici numeri e pezzi di ricambio del sistema economico e produttivo di un paese.


Di qui, la mia istintiva allergia per chi, come Letizia Moratti, ha sostenuto che l’essenza della scuola debba risiedere nella sua subalternità al mondo delle imprese e più in generale al mercato. Scuola semplicemente come strumento per il reperimento delle professionalità che il mercato ricerca. Certo la scuola, l’Università soprattutto, deve essere “anche“ questo.
Ma il suo ruolo fondamentale prima di quello, a mio avviso, é la formazione della persona.


 


Poche settimane fa avevo letto il “Quaderno bianco” sulla Scuola, messo a punto dal Ministero dell’Istruzione. Avevo letto e mi ero reso conto che molte di quelle idee erano condivisibili.
Ma come sempre é nei fatti che si misura l’attendibilità di un governo. Ora, la prima verifica concreta era il rinnovo del contratto degli insegnanti.
Ed ero in attesa di constatare finalmente l’avvio di una vera svolta. Per questo mi sono curato di leggere il contratto chiuso il 7 ottobre e di capirne la portata e le ricadute.
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Riporto qui alcuni stralci tratti da articoli usciti dopo la chiusura del Contratto della scuola.  


     
     
     
     

 





































































































     
     
     
 

IL NUOVO CONTRATTO DELLA SCUOLA




     
     
  No al merito.  
     
 

Anche questa volta, merito e carriera dei docenti restano fuori dal contratto. In totale continuità con l'accordo precedente, tanto che l'articolo 24 si limita a confermare l'articolo 22 del 2003. E le motivazioni sono esattamente le stesse: assenza di un sistema di valutazione nazionale e, soprattutto, di risorse specifiche. L'unica concessione a una sorta di retribuzione differenziata è prevista per la contrattazione integrativa nazionale che riconosce la possibilità di un trattamento economico diverso per i docenti delle scuole che avranno conseguito buoni piazzamenti nei livelli di valutazione. Piccolo particolare: per ora nessun finanziamento è disponibile e il meccanismo di valutazione, come detto, non esiste.


 
     
 

È stata siglata un'intesa che non ho difficoltà a definire "di svolta", perché ci permette finalmente di valorizzare il fattore "P", cioè la professionalità – ha detto il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni –. Il contratto è particolarmente importante anche perché rilancia l'autonomia delle scuole, sburocratizza gli adempimenti, promuove la centralità del lavoro d'aula e della ricerca didattica ed educativa in classe rispetto ai progetti "aggiuntivi" – ha concluso Fioroni –. Uno strumento ulteriore per sostenere gli alunni che hanno bisogno di interventi personalizzati». 


 
     
  Orario e calendario  
     
 

Quanto ai docenti, è specificato che l'orario di lavoro obbligatorio non può essere preteso oltre il calendario delle lezioni; pertanto, al di fuori di tale calendario, ogni attività dà diritto a una retribuzione aggiuntiva. Una norma che, in sostanza, mette i docenti in una situazione paradossale: pur essendo pagati per insegnare, se gli viene chiesto di farlo dalla metà di giugno ai primi di settembre hanno diritto a percepire una cifra aggiuntiva. Ed è appena il caso di notare che si tratta proprio del periodo estivo che sarebbe dedicato ai corsi di recupero recentemente istituiti dal ministro Fioroni per reintrodurre l'esame di riparazione a settembre. Sarà come pagare due volte il professore. Infine, vengono destinate risorse a favore del Tfr per promuovere lo sviluppo della pensione integrativa. Il mobbing, infine, viene affrontato, per la prima volta, per via contrattuale. L'intesa prevede l'istituzione, entro 60 giorni, di uno specifico comitato presso ogni direzione regionale


 
     
 

                                              [ Tratto dal Sole24ore-online del  8-10-2007]


 
     
     


 
































































































     
     
 

Scuola, la carriera resta piatta


 
     
 

Assenza di un sistema nazionale di valutazione e mancanza di finanziamenti specifici: sono i due motivi che bloccano qualsiasi tentativo di introdurre criteri meritocratici nella carriera degli insegnanti italiani. Ma il fatto che questi motivi siano sempre gli stessi da decenni consente di ipotizzare quasi una volontà precisa. Al di là dello schieramento di Governo si preferisce il mantenimento dell'esistente, che significa carriera piatta, stipendi uguali per tutti i docenti e centinaia di migliaia di assunzioni periodiche.


È almeno dal 1987 che nei contratti della scuola compare un articolo sulla valorizzazione professionale dei docenti. Da allora, puntualmente, ogni rinnovo riporta la norma contenente le buone intenzioni, alle quali non hanno mai fatto seguito atti concreti. E non fa eccezione l'ultimo contratto (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri) siglato il 7 ottobre. Anzi, l'articolo 24 conferma l'articolo 22 del precedente accordo, rimandando le scelte a un'ulteriore contrattazione, a patto di avere finanziamenti specifici a disposizione. Soldi che finora non sono mai arrivati.


 
 

La valutazione.


 
     
 

Sulla valutazione il nuovo contratto, che non offre risposte ma solo auspici, sembra viaggiare in parallelo con il "Quaderno bianco" sulla scuola, presentato lo scorso settembre. «Le parti si impegnano a ricercare, in sede contrattuale, in coerenza con lo sviluppo dei processi di valutazione complessiva del sistema nazionale di istruzione e con risorse specificamente destinate, forme, modalità, procedure e strumenti di incentivazione e valorizzazione professionale e di carriera per gli insegnanti»: così recita l'articolo 24 dell'intesa appena siglata. Quindi, nessuna forma di incentivazione collegata ai meriti dei docenti può essere svincolata dalla valutazione dei risultati. E, ovviamente dalla disponibilità finanziaria. In pratica, un circuito perverso.


Dal canto suo il "Quaderno bianco" indica la valutazione come primo presupposto per lo sviluppo del sistema scolastico italiano: «La maggioranza dei paesi economicamente avanzati è dotata di sistemi nazionali di valutazione. Fino a oggi l'Italia ha fatto eccezione», è la lapidaria affermazione che si legge nel "Quaderno" che, non a caso, tra le azioni da intraprendere suggerisce «la trasformazione dell'Invalsi (Istituto nazionale di valutazione) in un alto centro di competenza, dotato di risorse finanziarie adeguate (in una misura, decisamente superiore a quella attuale), risorse umane di elevato profilo internazionale, e assoluta autonomia istituzionale».


Il nodo resta quello delle risorse, ma prima ancora quello della volontà politica di strappare definitivamente la scuola italiana dalle sabbie mobili dell'autoreferenzialità. E il contratto non sembra aver risposto alle sollecitazioni giunte dal "Quaderno bianco" messo a punto dai ministeri della Pubblica istruzione e dell'Economia.


 
 

La carriera.


 
     
 

La carriera piatta dei docenti italiani, strettamente intrecciata alla possibilità di valutazione, rappresenta un altro punto al quale il "Quaderno bianco" della scuola attribuisce enorme importanza: «Il dato più allarmante riguarda la progressione retributiva, i suoi tempi e le sue determinanti. Una volta entrato nella scuola l'insegnante ha una progressione professionale (di status, formativa e retributiva) assai limitata». Il dossier spiega che la retribuzione media al quindicesimo anno di ruolo supera quella di entrata fra il 21 e il 26%, contro una crescita media Ocse che nelle superiori è del 39 per cento. «Ma, soprattutto, in Italia per raggiungere il livello massimo sono necessari 35 anni, di fatto l'intera vita lavorativa, mentre ce ne vogliono in media 24 nei paesi Ocse».



Anche in questo caso il contratto ha perso un'occasione per tentare di intervenire, premiando il merito. Le ultime pagine dell'accordo, come sempre, sono dedicate alle tabelle stipendiali, dove l'unica differenza tra le remunerazioni è dettata dagli anni di servizio. Così è arrivato il valore medio di 140 euro di aumento, riferito, in particolare, alla fascia dei docenti con circa vent'anni di anzianità lavorativa. E sono arrivati i 50 euro destinati all'insegnamento nei corsi di recupero e i 35 euro attribuiti alle ore aggiuntive. Soldi che saranno distribuiti secondo un criterio puramente quantitativo.
Eppure, a proposito di cambio di passo, sempre secondo le proiezioni contenute nel Quaderno bianco, il fabbisogno di insegnanti nei prossimi anni sarà molto alto. La progressione indica fino a un totale di 385mila docenti tra quindici anni. Cifre rilevanti, se si considera che quest'anno, per esempio, in cattedra lavorano oltre 721mila insegnanti, senza contare l'esercito di centinaia di migliaia di precari che ogni giorno contribuisce al funzionamento della scuola. Il più alto numero di lavoratori del settore pubblico. Infine, sul fronte della spesa, va ricordato che l'Italia, pur investendo una cifra superiore alla media Ue, si ritrova con studenti con scarsi risultati e con il personale docente malpagato e demotivato. Dove il bilancio dell'Istruzione è assorbito al 96% proprio dalle retribuzioni.


 
     
 

[ Tratto dal Sole24ore-online del  10-10-2007].


 
     
     
     


 


 





































































     
     
     
 

Insomma sul punto che avrebbe finalmente permesso una innovazione e l’allineamento della Scuola Italiana ai principali modelli scolastici dei paesi industrializzati,  tutto é rimasto fermo. Non si è voluto incidere seriamente sulla struttura della scuola pubblica.
Stallo totale nonostante le iperboliche dichiarazioni del Ministro Fioroni .


 


Assenza di un sistema di valutazione dei docenti e mancanza di finanziamenti.
I sindacati e lo stesso governo Prodi scelgono di mantenere tutto immobile.
E il fatto che questi motivi siano sempre gli stessi da due decenni  fa davvero sospettare una volontà perversa e soprattutto contraria allo sviluppo del paese.
Ciò che vediamo in altri settori della società italiana si conferma anche qui. L’imperterrita volontà di non cambiare nulla.
La difesa dello status quo da parte dei due blocchi di potere: Sindacati e Governo uniti per tenere sotto stallo il sistema educativo italiano.




Mi chiedo: che senso ha che nella scuola non vengano inseriti sistemi di valutazione della capacità di insegnamento?

Perché dobbiamo continuare a trattare in modo paritario la persona che indossa i panni di insegnante solo per avere un secondo lavoro (avvocati, commercialisti, geometri, architetti, ingegneri ) e la persona che dedica tutta se stessa all’insegnamento perché crede seriamente nella funzione formativa della Scuola, nella propria professionalità e  nel proprio impegno. Chi rientra nella categoria di "chi attende l'arrivo del fatidico giorno" (quello dello stipendio), tirando a campare?
Chi interpreta il ruolo dell'insegnante semplicemente come impiego che garantisce uno stipendio che lo trasforma in un dipendente pubblico abulico e annoiato e chi fa di questa professione un impegno costante per trasmettere agli studenti  non solo nozioni e competenze ma spirito critico e passione ?


E gli insegnanti, loro... i potenziali protagonisti, non hanno nulla da dire al riguardo?Di tutto questo che avviene sulle loro teste, si rendono conto? O si fanno zittire da 140 euro di aumento contrattuale?


 
     
  Conviene davvero difendere -complici i sindacati di categoria - questo insano immobilismo che danneggia il paese e le future generazioni?
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Io ne dubito... Voi che ne pensate?
 
     
     

                              [ k ]


     
     
     
     


 

Commenti

  1. "Scuola come stimolo alla curiosità, agli interrogativi, alla consapevolezza."
    ecco che cosa dovrebbe essere la scuola.
    non ho tempo ora di leggere tutto il tuo post. lo farò appena possibile.
    musica splendida.
    con un sorriso
    aura

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  2. Bellal'immagine dell'ostetrica!. E trovo giustissimo questo Post.
    "La scuola dovrebbe avere il compito di esaltare le qualità migliori di ciascun ragazzo facendogli
    scoprire la fiducia in sé stesso e negli altri e le enormi potenzialità dell’essere umano"...".Non vivendo più esperienze di "carenza, insicurezze e povertà" nessuno sentirebbe più la necessità di
    accumulare ricchezza togliendola ai suoi compagni. Ognuno si potrebbe dedicare a svolgere
    il lavoro più consono alle sue caratteristiche (e l'insegnamento era davvero una "importantissima missione antica!"). Il fine ultimo dell’industria sarebbe solo quello
    di produrre beni che migliorino la qualità della vita degli abitanti di questo pianeta ."
    No certo, non conviene affatto difendere con la complicità insulsa dei sindacati attuali, questo insanissimo immobilismo (piùccheconfuso!) che danneggia le generazioni future. Converrebbe, secondo me, comprendere profondamente che il male attuale nasce dal "debito pubblico" che si trascina appresso il buon senso, soprattutto a discapito delle nuove generazioni.
    Un caro abbraccio.

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  3. io faccio parte degli illusi che credono ancora che la scuola sia officina di vita e che deve tirare fuori dai ragazzi i futuri uomini che ci governeranno, che lavoreranno nei posti dirigenziali, nelle industrie o che comunque crei gli uomini del nostro immediato futuro.

    Gli studenti però non sono gratificati, spesso non sono neanche preparati per affrontare il fatidico test d'ingresso all'università
    per cui si è creato un business milionario di corsi a pagamento che le famiglie debbono sobbarcarsi per dare una possibilita ai loro figli per avere una chance.

    Gli insegnati d'altronde sono una categoria veramente deprezzata, è stato tolto loro il valore che una volta aveva l'educatore.
    Prima di tutto occorrerebbe dare dignità a questa categoria di professionisti, anche in un riconoscimento economico, occorre motivarli di nuovo alla loro missione, perchè insegnare questo dovrebbe essere:una missione.

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  4. conosco la scuola per averla praticata poco (all'estero erano i miei genitori la nostra scuola), e come genitore sì ne conosco di vavie tipologie e sempre e comunque il livello di capacità di insegnamento è cosa marginale, sempre. spesso ho visto che venivano premiati insegnanti che trasmettevano molte nozioni, ma che coi ragazzi avevano un pessimo rapporto. io credo che gli educatori in generale e mi ci metto anche io come genitore, divrebbero , dovremmo avere il dono dell'ascolto. se così fosse si supererebbero molti ostacoli.
    chicca

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  5. una scuola che funzioni come "formatrice" di uomini e donne non la vuole più nessuno. passa da me, se ti va, su Scritti Vari intendo e leggi un post che ho scritto qualche tempo fa sulla privatizzazione della scuola.

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  6. :)

    Io sono favorevole alla valutazione e per questo impopolare tra i colleghi.
    Non è vero che tutti possono essere buoni maestri.

    Un buon maestro non è colui che sa trasmettere concetti e contenuti.
    Un maestro deve "saper essere" e "saper fare" oltre che "sapere".
    E questo non te lo insegna nessuno.
    Nessuna laurea se poi non hai in te un briciolo di passione, quel sacro fuoco che ti sostiene nell'educare.
    Sì, perchè maestro è anche educatore, nel senso di esempio.
    Questo manca al corpo docente.

    Non mi interessano 140 euro se poi non ho a scuola il supporto necessario per poter svolgere ciò che la mia professione richiede.

    Grazie per questo post, Carlo.
    Di cuore.


    Blue

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