Il  te'  


 
     
 

  Storia, estetica, zen.


 
     
 

 [ 2a parte ]






   
     
     
     
     

































   
   
   
   
   
   























































     
     
     
 

Fu necessario il genio della dinastia T’ang per affran­care il tè dalla sua condizione primitiva, facendolo assur­gere all’idealizzazione definitiva. Lu Wu (metà dell’VIII secolo) fu il primo apostolo del tè. Nacque in un’epoca nella quale buddhismo, taoismo e confucianesimo cerca­vano una sintesi unitaria. Il simbolismo panteista del tempo spingeva ciascuno a ricercare l’Universale nel Par­ticolare. Lu Wu, che era un poeta, scorse nell’usanza di servire il tè la stessa armonia e lo stesso ordine che re­gnavano in tutte le cose. Nella sua celebre opera, il Ch’a­ching («Il libro del tè »), egli formulò il Codice del Tè. Da allora, è stato venerato come nume tutelare dei mer­canti di tè cinesi.



Il  Ch’a-ching si compone di tre volumi e dieci capitoli. Nel primo capitolo Lu Wu tratta della natura della pianta del tè, nel secondo degli utensili necessari per raccoglier­ne le foglie, nel terzo della cernita di queste ultime. Se­condo Lu Wu, le foglie di miglior qualità devono «avere pieghe come gli stivali di cuoio dei cavalieri tartari, tor­cersi come la giogaia di un vigoroso torello, aprirsi come nebbia che salga da una gola, scintilare come un lago sfiorato dallo zefiro, ed essere soffici e umide come il ter­riccio dopo la pioggia ».


Il  quarto capitolo è dedicato all’enumerazione e alla descrizione dei ventiquattro pezzi dell’attrezzatura per il tè, dal braciere a treppiede allo stipo di bambù in cui si ripongono gli utensili. Ed è qui che possiamo notare la predilezione di Lu Wu per il simbolismo taoista. E inte­ressante, a questo proposito, rilevare anche l’influenza che il tè ha esercitato sulla ceramica cinese.

   La porcella­na Celeste, com’è noto, trae origine dal tentativo di ri­produrre le mirabili sfumature della giada, e il risultato fu, durante la dinastia T’ang, lo smalto vitreo blu del sud e quello bianco del nord. Lu Wu riteneva che il colore ideale per la tazza da tè fosse il blu, poiché esaltava il verde della bevanda, mentre il bianco la faceva apparire sgradevolmente rosata.



   Questo perché egli usava l’impa­sto di tè. In seguito, quando i maestri Sung cominciaro­no a servirsi di tè in polvere, le loro preferenze andarono a tazze massicce, di colore blu-nero o marrone scuro. I  Ming, che usavano tè in infusione, invece preferiranno vasella­me leggero di porcellana bianca.


     
 
   
     























   
   
   
   


























   
   
   
   





















































     
     
     
     
 

Nel quinto capitolo del Ch’a-ching, Lu Wu descrive il modo di preparare il tè. Elimina tutti gli ingredienti ad eccezione del sale, e si sofferma sulla dibattuta questione del tipo d’acqua e del grado di ebollizione. A suo parere, l’acqua di fonte montana è la migliore, seguita, nell’ordi­ne, dall’acqua di fiume e da quella di sorgente.


Tre sono le fasi della bollitura: la prima si ha quando affiorano alla superficie piccole bolle simili a occhi di pesce; la secon­da quando le bolle sono come gocce di cristallo che scrosciano in una fontana; nella terza, si sollevano onde impetuose nel bricco. L’impasto di tè viene tostato da­vanti al fuoco fino a divenire morbido come il braccio di un neonato, per poi esser ridotto in polvere tra fogli di carta sottile. Il sale deve essere aggiunto durante la pri­ma bollitura, il tè nella seconda. Nella terza, si versa nel bricco un mestolo di acqua fredda, per far depositare il tè e restituire «all’acqua la sua giovinezza ». Poi lo si ser­ve nelle tazze e lo si assapora. Che nettare! Le foglioline sottili restano sospese come piccole nubi in un cielo se­reno, o galleggiano come ninfee su acque smeraldine. E di questa bevanda che Lu T’ung, poeta dell’epoca T’ang, scriveva:


"La prima tazza mi inumidisce le labbra e la gola, la seconda rompe la mia solitudine, la terza fruga nelle mie sterili viscere per scovarvi migliaia di volumi di strani ideogrammi. La quarta tazza provoca una leggera sudorazione — tutto il male della vita stilla dai miei pori. Alla quinta tazza, eccomi purificato; la sesta mi conduce nel regno degli immortali. La settima — ah, non potrei berne ancora! Riesco solo a sentire il soffio di un vento fresco che alita nelle mie maniche. Dov’è Horaisan? La­sciatemi cavalcare questa dolce brezza che mi trasporte­rà laggiù!"


Nei restanti capitoli del Ch’a-ching si esamina la pro­saicità dei comuni modi di prendere il tè, si traccia la storia dei più illustri bevitori di tè, si descrivono le famo­se piantagioni della Cina, le possibili varianti nel modo di servire la bevanda, si illustrano i relativi utensili. Sfor­tunatamente, quest’ultima parte è andata perduta. L’apparizione del Ch’a-ching dovette suscitare un no­tevole scalpore, a quell’epoca. Lu Wu godeva dell’amici­zia dell’imperatore T’ai Tsung (763-779), e la sua fama gli procurò molti adepti. Si diceva che alcuni intenditori fossero in grado di distinguere il tè preparato da Lu Wu da quello dei suoi discepoli. Durante la dinastia Sung venne di moda il tè sbattuto, che diede origine alla seconda scuola del tè. Le foglie, macinate in un piccolo mortaio di pietra, venivano ridot­te in polvere finissima, e il preparato veniva sbattuto in acqua calda per mezzo di un leggero frullino di bambù sezionato. Il nuovo procedimento portò ad alcuni cambiamenti sia nell’occorrente per preparare il tè che nella scelta delle foglie. Il sale venne definitivamente bandito.



L’entusiasmo dei cinesi per il tè in epoca Sung non co­nobbe limiti. Epicurei rivaleggiavano fra loro per scopri­re nuove varietà, e periodicamente si disputavano tornei per decidere quale fosse la qualità superiore.



L’impera­tore Hui Tsung, artista troppo grande per poter essere un buon sovrano, profuse tesori per procu­rarsi le varietà più rare.


Scrisse persino un trattato sui venti tipi di tè, tra i quali il «tè bianco » viene considera­to come la qualità migliore e più rara.


     
     
     






















   
   
   
   


























   
   
   
   

























































     
     
     

L’ideale del tè Sung differiva da quello T’ang quanto le rispettive concezioni della vita. I Sung cercavano di tradurre in realtà quello che i loro predecessori avevano tentato di rappresentare mediante simboli. Secondo la concezione neoconfuciana, la legge cosmica non si riflet­teva nel mondo fenomenico, ma il mondo fenomenico era la stessa legge cosmica. Gli eoni non sono altro che istanti, e il nirvana è sempre raggiungibile. La concezio­ne taoista, secondo cui l’immortalità risiede nel perenne mutamento, permeava tutte le forme del loro pensiero. E importante il processo, non l’atto. Realmente vitale è l’a­zione del compiere, non ciò che viene compiuto. Fu così che l’uomo si trovò d’improvviso faccia a faccia con la natura. L’arte della vita cominciò ad assumere un diver­so significato. Il tè smise di essere un passatempo poetico, e divenne un mezzo per realizzare se stessi. Wang Yù-ch’eng celebra il tè che «inonda la sua anima come un appello diretto, e il cui delicato gusto amaro è come il ricordo di un saggio consiglio ».


     
     
     
     























   
   
   
   



























   
   
   
   




















































     
     
     

Tra i buddhisti, la setta zen meridionale, che tanto aveva assorbito delle dottrine taoiste, formulò un elaborato rituale del tè. I monaci si raccoglievano da­vanti all’immagine di Bodhidharma e con la solennità riservata ai sacramenti bevevano tè da un'unica tazza.


Fu da questo rituale zen che nel Giappone del XV secolo derivò la cerimonia del tè



Sventuratamente, l’improvviso scatenarsi delle tribù mongole nel XIII secolo, il cui esito fu la devastazione e l’asservimento della Cina sotto il barbaro dominio degli imperatori Yùan, distrusse tutto ciò che la cultura Sung aveva prodotto. La dinastia locale Ming, che verso la metà del XIV secolo tentò di ricostituire l’identità nazio­nale, era minata da dissidi interni, e nel XVII secolo la Ci­na cadde sotto il dominio straniero dei manciù. Usi e co­stumi mutarono al punto che non rimase traccia delle epoche precedenti. Il tè in polvere venne completamente dimenticato. Abbiamo notizia di un commentatore Ming incapace di ricostruire la forma del frullino da tè men­zionato in un testo classico del periodo Sung. Il tè si prende ora facendo, in una tazza o in una ciotola, un in­fuso di foglie in acqua bollente. Il motivo per cui il mon­do occidentale ignora il metodo più antico di gustare la bevanda deriva dal fatto che il tè fu conosciuto in Euro­pa solo alla fine della dinastia Ming.


     
     
     






















   
   
   
   






























   
   
   
   
   























































































     
     
     
     

Sventuratamente, l’improvviso scatenarsi delle tribù mongole nel XIII secolo, il cui esito fu la devastazione e l’asservimento della Cina sotto il barbaro dominio degli imperatori Yùan, distrusse tutto ciò che la cultura Sung aveva prodotto.


La dinastia locale Ming, che verso la metà del XIV secolo tentò di ricostituire l’identità nazio­nale, era minata da dissidi interni, e nel XVII secolo la Ci­na cadde sotto il dominio straniero dei manciù. Usi e co­stumi mutarono al punto che non rimase traccia delle epoche precedenti. Il tè in polvere venne completamente dimenticato.


Abbiamo notizia di un commentatore Ming incapace di ricostruire la forma del frullino da tè men­zionato in un testo classico del periodo Sung. Il tè si prende ora facendo, in una tazza o in una ciotola, un in­fuso di foglie in acqua bollente.



Il motivo per cui il mon­do occidentale ignora il metodo più antico di gustare la bevanda deriva dal fatto che il tè fu conosciuto in Euro­pa solo alla fine della dinastia Ming. Per il cinese dei nostri giorni, il tè è una deliziosa be­vanda, non un ideale. Le sventure che a lungo hanno de­vastato il suo paese, gli hanno tolto il gusto di ricercare il significato della vita. Il cinese è diventato un uomo mo­derno, vale a dire un uomo vecchio e disincantato. Ha perso quella sublime fede nelle illusioni che rappresenta l’eterna giovinezza e la forza dei poeti e degli antichi. E' diventato un eclettico che accetta educatamente le tradi­zioni universali. Gioca con la natura, ma non si degna di conquistarla o di adorarla. La sua foglia di tè è spesso meravigliosa, con il suo aroma di fiori, ma dalla sua tazza è svanita la poesia del cerimoniale T’ang o Sung.




Il  Giappone, che ricalca le orme della civiltà cinese, ha conosciuto il tè in ciascuna delle sue tre fasi. Leggia­mo che già nel 729 d.c. l’imperatore Shòmu, nel suo palazzo di Nara, offriva il tè a un centinaio di monaci. Le foglie venivano probabilmente importate dagli ambascia­tori alla corte T’ang e preparate secondo l’uso del tem­po. Nell’801, il monaco Saichò portò in Giappone alcu­ni semi e li piantò sul monte Hiei. Si ha notizia, nei seco­li successivi, di molte piantagioni di tè, e del piacere che aristocrazia e clero ricavavano da questa bevanda.


 


Il tè Sung  arrivò in Giappone nel 1191, quando Eisai Zenji tornò dalla Cina dove si era recato per studiare alla scuola dello zen meridionale. I nuovi semi che aveva portato in patria furono piantati con successo in tre località, una delle quali, il distretto di Uji presso Kyòto, è ancor oggi considerata il luogo in cui si produce il miglior tè esi­stente al mondo. Lo zen meridionale si diffuse con una rapidità straordinaria, e con esso il rito e l’ideale del tè di epoca Sung.



Nel XV secolo, sotto il patronato dello shù­gun Yoshimasa, la cerimonia del tè raggiunse la sua forma definitiva, trasformandosi in usanza autono­ma e secolarizzata. Da allora, in Giappone il tèismo si radicato saldamente. L’uso del tè in infusione, praticato nei secoli successivi in Cina, si è affermato da noi in epo­che relativamente recenti, diffondendosi solo a partire dalla metà del XVII secolo. Nell’uso quotidiano, ha preso il posto del tè in polvere, tuttavia  quest’ultimo conserva ancora il proprio ruolo di tè dei tè.


 


    Ed è proprio nella cerimonia praticata in Giappone che gli ideali del tèismo raggiungono il loro culmine. La vitto­riosa resistenza all’invasione mongola del 1281 ha per­messo di far progredire il movimento Sung, così disa­strosamente interrotto nella Cina invasa dai nomadi.


 


    In Giappone il tè, più che l’idealizzazione di una forma del bere, è divenuto una religione dell’arte del vivere. La bevanda è diventata un motivo per praticare il culto della purezza e della raffinatezza, una sacra funzione durante la quale ospite e invitato si uniscono per vivere un momento di massima beatitudine terrena. Nel desolato deserto dell’e­sistenza, la stanza del tè era un’oasi in cui i viaggiatori af­faticati potevano incontrarsi per abbeverarsi alla comune sorgente del piacere estetico.



   La cerimonia era una sorta di rappresentazione, la cui trama si intesse­va intorno al tè, ai fiori e ai dipinti. Non un colore che alteri il tono della stanza, non un suono che turbi il rit­mo delle cose, non un gesto che comprometta l’armonia, non una parola che infranga l’unità dell’ambiente, tutti i movimenti devono esser compiuti in modo semplice e naturale. Sono questi gli scopi della cerimonia del tè. E per quanto strano possa sembrare, vengono spesso rag­giunti.


  
 
Una sottile filosofia si cela in tutto questo. Il tèi­smo è una sorta di taoismo dissimulato.


     
     
     
 

[ brani tratti da "The book of  Tea" - Kazuko Okakura ]


 
     
     
     
     
     



























   
   
   
   
   



vassoio servizio da tè

Commenti

  1. Che belle che sono le farfalle...le farfalle del tè. A presto.

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  2. grazie a te Marhita. Il tuo apporto è sempre il benvenuto.

    Questo servizio da tè così delicato e originale, l'ho trovato incantevole e per quello ho messo le foto.

    A presto.

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  3. possibile che arrivo sempre in ritardo..non riesco mai a prendere il te' con te..
    tu hai di me qualcosa che pochi hanno e che pochi sanno.
    Pagina splendida
    Nefer

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  4. "alla comune sorgente del piacere estetico", eccolo il rito dei gesti semplici ma ognuno curato tanto da renderlo bello, il più semplice, il più preciso.

    bellissime le teiere e le tazze delle foto, affascinanti le filosofie orientali che riuscivano a dare importanza e vita alle "piccole" cose.
    Ciao Carlo, notte di sogni!

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  5. Si cara Ottobre!
    Hai colto proprio il punto
    che mi incanta e conquista.

    Poco alla volta ci sto arrivando. Leggendo la storia del tè
    si arrivano a comprendere davvero tante sfumature.

    Dietro quella cerimonia del bere il tè si nasconde ben altro.

    C'è un universo di sensibilità, di cura, di attenzione per il dettaglio.
    E poi pian piano arrivi al centro,
    al nucleo: comprendi che nella semplicità sta la bellezza
    e nella bellezza estetica anche la bellezza morale ed etica

    C'è un patrimonio di cultura da indagare e da imparare dietro
    quella tazza di tè caldo.

    Ci arrivo pian piano ...presto la terza parte.

    Appassionarsi a certe cose dell'Oriente non voglio che sia una moda:superficiale ed estemporanea

    Voglio invece che sia consapevolezza e conoscenza.

    Questa è la concezione di "cultura" che più mi intriga.

    E te l'immagini bere un tè insieme con un servizio del genere?

    Hai notato la tazza che è decorata con un'ala di farfalla?
    Lo riesci a vedere il gesto?
    ...il movimento di alzare la tazza oppure riporla sulla base?

    Diventa un battito d'ali

    Che meraviglia quando la bellezza sa essere insieme concretezza
    (l'idea che si fa oggetto nella splendida ceramica), suggestione, coinvolgimento e concezione estetica!!

    Buona settimana a te!

    RispondiElimina
  6. Il tè lo amo. Uno splendido post.
    Volevo scrivere qualcosa in proposito.. ma a questo punto autodeclino il mio invito a scrivere della cerimonia del tè nel mio blog.
    Non sarebbe esaustivo e bello come il tuo!

    RispondiElimina
  7. Che interessante anche la seconda parte. Estetica allo stato puro gli oggetti fotografati.
    I gesti non si fa fatica ad immaginarli.
    Buona giornata
    Chiara

    RispondiElimina
  8. Molto piacevole a leggersi -alternata da foto e oggetti da sballo- anche la seconda parte della tua ricerca sul té, usi e costumi. Simboli interessanti. Tu scavi molto, sei una specie di archeologo del web.
    Un abbraccio affettuoso.
    Gianluisa

    RispondiElimina
  9. @ Gianluisa!!

    questa mi piace
    "Archeologo del Web" eheheheh

    diciamo
    che non mi accontento...
    diciamo che mi piace
    andare fino in fondo

    un caro saluto.

    RispondiElimina
  10. Accidenti...
    a parte la scenografia veramente accattivante...
    le frasi... gli aforismi che scorrono in cima sono taglienti e....
    dovremmo tutti ogni tanto soffermarci un attimo in più su aspetti che troppo spesso ci sfuggono...

    un saluto

    RispondiElimina
  11. klimt77, sono rimasta affascinata dal tuo Blog, ho gustato incondizionatamente la musica ed avrei una richiesta che non so se mi potrai soddisfare : mi sono innamorata del servizio da the delle farfalle e ti potrei chiedere ulteriori informazioni? Viene dalla bravura delle manifatture del passato oppure è opera di un artista artigiano dei nostri tempi?
    Non ci sarebbe assolutamente possibilità che io ne potessi entrare in possesso?
    So già che la cosa ha dell'impossibile ma prima di demordere ho voluto tentare.
    Non ho un blog e se sarai così gentile potrai rispondermi in questa sede !!!
    Complimenti infiniti per la sensibilità.
    Un affettuoso saluto Jacaranda

    RispondiElimina
  12. cara/o Jacaranda, intanto ti ringrazio per le tue parole.
    Se mi mandi un tuo indirizzo mail vedo di inviarti le foto
    Poi vedo anche di cercare le informazioni che avevo su quei servizi da thè. Non ricordo ma dovrei recuperare almeno il link dove avevo preso queste immagini.

    Come te, esattamente come te non credevo ai miei occhi quando ho visto queste cose
    Perchè sono rimasto incantato
    dalla grazia e dalla raffinatezza di questi oggetti! E' la pura verità.

    Attendo tue nuove e intanto ti mando un caro saluto

    carlo

    RispondiElimina
  13. Caro Carlo
    sono una Jacaranda e pure attempata, poichè non sono molto pratica d'informatica e non volendo mettere la mail leggibile a tutti, come posso fare?
    Buonanotte e sogni belli.......che non siano politici, su quel fronte forse non abbiamo la medesima sensibilità che ci accomuna per la manifattura delle belle ceramiche.
    In particolare mi riferisco - e forse me ne vorrai - a Sabina Guzzanti.
    Ogni manifestazione di critica o dissenso ritengo debba mantenersi in quel limite di educazione e buon gusto che pur nell'accalorata e appassionata discussione non impedisca di esporre le proprie idee, tenendo sempre presente le opinioni altrui
    .......altrimenti per chi volano le note e le farfalle?
    Ciao

    RispondiElimina
  14. beh se scrivi al mio indirizzo
    klimt_77@inwind.it il problema non c'è.

    Il tuo indirizzo sarà visibile soltanto sulla mail che mi arriva e non certo sul blog.
    Quanto alla politica ognuno ha sue convinzioni. Quando qualcuno tuttavia dice pane al pane e vino al vino ciò che è sotto gli occhi di tutti credo che compia il primo gesto "non ipocrita della politica"
    E tu lo sai bene quanta ipocrisia affligga la politica italiana.

    PREFERISCO SEMPRE LE COSE DETTE IN FACCIA AI COMPLOTTI
    E AI TRUCCHI ORDITI NEL SOTTOBOSCO DELLE REDAZIONI DEI GIORNALI E NELLE SEGRETERIE DEI PARTITI.

    per chi non l'avesse ancora capito
    ora è la Costituzione direttamente sotto attacco. E ipocrita sarebbe non dirlo o minimizzare questo crimine in corso.

    con tutto il mio rispetto un caro saluto

    RispondiElimina

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