Libroterapia 2


 
     
     
     
     


 


 Ufficiali S.S.  confiscano libri  ad Amburgo - 15 maggio 1933


 


 
































































     
     
     
     
 

A spiegare alla gente cosa non si doveva leggere contribuì in maniera molto drastica dapprima l’Inquisizione, in seguito l’esaltato Savonarola, e poi anche il signor Hitler, che considerava pericolosi e sovversivi libri su libri, tanto che ne fece allestire grandi roghi nelle piaz­ze di tutta la Germania.
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Gli autori proibiti venivano ritirati dalla circo­lazione nelle biblioteche e depennati con inchiostro rosso dai cataloghi. Nei roghi di libri del maggio 1933 vennero dati alla fiamme solo a Ber­lino ventimila volumi.



Molti dei migliori scrittori di lingua tedesca do­vettero scappare rifugiandosi all’estero. I Mann se ne andarono, e come loro, Franz Werfel, Joseph Roth, Bertolt Brecht e Anna Se­ghers. Altri, come Walter Benjamin e Stefan Zweig, si suicidarono in esi­lio. Molti finirono nelle camere a gas. Il loro tremendo reato era il pensiero ‘diverso’, e la loro infinita libertà di immaginare e di dire.


Lo stesso è accaduto in Unione Sovietica ai tem­pi di Stalin, e in Cina ai tempi di Mao. Più di recente, nell’Afghanistan dei talebani, si sono rivisti grandi roghi di libri e di pellicole cinemato­grafiche, di strumenti musicali e di dischi.
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Non si doveva pensare e nemmeno supporre realtà differenti dall’incubo obbligatorio che si era costretti a vivere. Attraverso la sofferenza di una dittatura si manipolano meglio le persone.



Nel romanzo fantascientifico di Ray Bradbury Fahrenheit 451, alcuni appassionati lettori salvano la cultura dai roghi mandando a memoria ciascuno un capolavoro. Diventano uomini-libro, prologo all’idea che ciascuno di noi, al di là dei volumi bruciati, è egli stesso un libro, un romanzo, un racconto buffo o tragico, un fotoromanzo o una poesia gentile. Le voci degli uomini sulla Terra sono un coro. 
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    Dunque libri come veicoli di libertà. Libertà di inventare, di esprimersi, di disegnare la propria vita come una danza al passo delle stagioni e non come una marcia funebre verso una tomba aperta. Senza fantasia e senza speranza non si vive. I libri sono tante speranze, rilegate o cucite, bene o a volte anche approssimativamente scritte e, come tali, rimedi al male di vivere, migliori di molti farmaci in commercio.
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Si può dire che in ogni casa, anche la più modesta, ci sia in qualche angolo, uno stipo o un cassetto ricolmo di farmaci pronti per ogni malessere. Ma non è detto che ci debba essere per forza anche un pur modesto scaffale di libri letti e conservati con amore. Le case desolate non ne hanno nemmeno uno, e sono quasi sempre quelle tristi e senz’anima che si vedono nei telegiomali, là dove avvengono i delitti.


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Il fatto è che noi esseri umani siamo formati, oltre che di carne e ossa, soprattutto di sensazioni, di ricordi e di sentimenti. Ed è proprio l’opera d’arte soprattutto la lettura di un libro —     a poter suscitare in noi connessioni magiche con ciò che sappiamo, immaginiamo e ricordiamo.
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Jonathan Cott ha scritto che la memoria è il luogo in cui passato e presente si toccano, ed è proprio questo contatto a fare scintille quan­do noi leggiamo delle storie che ci stimolano e ci assomigliano.


 
     
     
     
     
     


 


 


T. Roussel - RAGAZZA CHE LEGGE, 1886/87 Tate Gallery,Londra


 


 
















































































     
     
     
     
     
 

Oggi sono veramente pochi, troppo pochi, i lettori che si curano l’anima leggendo poesia. La politica e la televisione, con la loro invasiva veemenza, hanno scacciato il genius loci dalle città, e anche dai nostri cuori inariditi. La luna è diventata solo un faro bianco.
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La poesia, un tempo genere letterario florido, non ha quasi mercato, e il poeta viene visto dalla società come un imbecille che non fa soldi e ozia improduttivo cincischiando frasi sconnesse. Gli stessi poeti oggi quasi si vergognano di definirsi tali.
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Ma i poeti sono innanzitutto maghi che sanno aprire porte segrete. Sperimentano, da veri scienziati della parola (e del sentimento), prima di tutto su se stessi, il potere curativo di un verso, in grado di riconciliare il lettore con la vita.


Bene ha colto il lato segreto del fare poesia Jorge Luis Borges, che aveva definito un volume di versi niente altro che una successione di esercizi magici.
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Umberto Saba, il poeta che a Trieste aveva addirittura scelto di vivere nella sua libreria, cibandosi quotidianamente di parole e di poco altro, nel suo Canzoniere aveva scritto che « anche i versi somigliano alle bolle di sapone: una sale e un’altra no». William Blake era in contatto con spiriti che gli dettavano versi profondi e oscuri, disegni di un mondo di anime elette. E lui li trasmetteva ai suoi lettori, aprendo così il sipario su un mondo nuovo.


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Lo stesso ha fatto Lord Byron, vagando di porto in porto con l’avventura nel cuore, tramutando la sua stessa vita in un lungo canto poetico, innalzando il poeta a invidiabile figura romantica. E chissà quanti lettori ha curato con i suoi slanci amorosi! Robert Browing ha incarnato invece il poeta già vittoriano, sistemando sentimenti e strofe in un salotto accogliente e bene imbottito, mentre la pallida Emily Dickinson, reclusa come un’ape regina, ha intessuto del suo miele un canzoniere che ancora, come prezioso propoli, cura chi vi si immerge.


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«Al poeta il corpo va stretto » dichiarava Marina Cvetaeva negli anni Venti del Novecento, e aveva ragione. Egli è soprattutto anima. Il corpo è un ingombro. Ma se lo si ammaestra bene, è in grado di far risuonare a lungo una musica di pace fra le creature.


« Poesia è l’impossibile / fatto possibile. Arpa / che invece di corde / ha cuori e fiamme ». E’ Federico Garcia Lorca che lo afferma.


 


I libriccini di versi contengono dunque formule segrete, a dispetto della capricciosa Alice, che protestava: « Che me ne faccio di un libro senza figure e senza filastrocche?» Ma lei doveva crescere ancora un poco.


Quasi di nascosto i poeti, scienziati sublimi e con così pochi riconoscimenti, continuano ancora oggi a scambiarsi pensieri di guarigione, dialogando con uomini e donne di altri secoli, trasformando, nel loro laboratorio di alambicchi, ogni tragedia personale in un balsamo a cura delle ferite riportate.


 


A ragione Karen Blixen, scrittrice e pittrice danese, aveva annotato che « le perle sono come le favole dei poeti: un malanno trasformato in bellezza ».


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Ecco, è questo il vero compito della poesia: trasformare il malanno personale in bellezza. Poche gocce, poche righe, e una terapia adatta a ogni lettore prende a vibrare, curando. 


 
     
     
 

 [ da LIBROTERAPIA  di M.Silvera, Salani Editore, Settembre 2007 ]


 
     
     
     
     
     
     

 


A.Aleksandrovic Dejneka, GIOVANE DONNA CON LIBRO, 1934, Museo S. Pietroburgo


 

Commenti

  1. 23 gennaio. Vai a leggere cosa ho postato su "gianluisa".
    Curioso come a volte ci incontriamo.
    Complimenti per questo tuo post.
    Buona serata
    GIanluisa

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  2. ahahhahaahah
    che coincidenze!

    è incredibile...

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  3. Ti faccio ridere o sorridere, a scelta. Io ho qualche metro di libri di poesia. E sento che me ne mancano moltissimi.

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  4. ""Ma i poeti sono innanzitutto maghi che sanno aprire porte segrete""...
    Mi é piaciuto moltissimo questo post!!! Grazie Carlo! Un caro abbraccio (Clara)

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  5. @ Clara

    "maghi che sanno aprire porte segrete" e vedere collegamenti, fili d'oro e d'argento, legami, scie luminose...
    dove tutti non vedono altro che buio e silenzio


    to harmonia:

    come ti capisco!
    io non ho certo dei "metri di poesia"
    al massimo uno...
    ma quando richiudo un libro penso a tutto quello che dovrei leggere ancora, a tutto quello che offre il pianeta... mi sa che mi servirebbero una dozzina di vite, almeno.

    Allora cerco di essere selettivo

    Però quanto è vero che i libri "curano e nutrono"!

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  6. ...spesso mi sono chiesta il motivo per cui ciò che leggo o sento in poesia, mi resta più impresso. Mi piace sentire come mi suona dentro un verso, una parola sistemata proprio in quel punto, e da nessun'altra parte...e abbandonarmi alla magia dell'evocazione dell'immagine, o emozionarmi per i suoni delle parole che intessono trame ...
    E' un post che mi è piaciuto molto. Complimenti
    Eliana

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  7. Un buon libro, buona musica...se mi offri pure una cioccolata...e cosa posso volere di più dalla vita?! Buon fine settimana Klimt dalla curiosona ;)

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  8. to enzas:

    anche tu adepta della cioccolata calda e fumante?

    Ecco, in un tempo in cui delle religioni ne abbiamo fin sopra i capelli, questa mi pare
    un buon punto di partenza:
    la religione della cioccolata
    dei libri, di una buona musica
    via...voglio esagerare..
    ci metto anche qualche bel dipinto
    per dare colore a questo inverno.

    buon weekend !

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