L'odore  delle mele


      



 


  







Entriamo in cantina. E subito ci colpisce. Le mele sono lì, allineate sui graticci — cassette da frutta capovolte. Non ci pensavamo. Non avevamo nessuna intenzione di lasciarci sommergere da un tale spleen. Ma è inutile. L’odore delle mele è un’onda travolgente. Come avevamo potuto fare a meno per tanto tempo di quest’ infanzia aspra e dolce?
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Devono essere deliziosi i frutti avvizziti, di quel falso prosciugamento dove in ogni grinza sembra essersi insinuato un sapore intenso.  Ma non abbiamo voglia di mangiarli. Non vogliamo trasformare in sapore identificabile il potere fluttuante dell’odore.


 


Dire che hanno un buon profumo, un profumo forte?  No, c’è ben altro... Un odore interiore, l’odore di un sé migliore. Lì c’è racchiuso l’autunno della scuola. Con l’inchiostro blu verghiamo sul foglio lettere incerte.  La pioggia batte sui vetri, la serata sarà lunga...
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Ma il profumo delle mele non è solo il passato. Si pensa al tempo che fu per via della portata e dell’intensità, di un ricordo di cantina umida, di solaio buio. Ma è da vivere lì, da tenere lì, in piedi.  Abbiamo alle spalle l’erba alta e l’umidore del frutteto. Davanti, come un respiro caldo che si sprigiona nell’ombra.


 


L’odore ha preso tutti i marroni, tutti i rossi, con un po’ di acido verde. L’odore ha distillato la morbidezza della buccia, la sua impercettibile rugosità. Abbiamo le labbra secche, ma sappiamo che questa sete non deve essere placata. Non succederebbe niente a mordere la polpa bianca. Bisognerebbe diventare ottobre, terra battuta, volta di cantina, pioggia, attesa. 


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L’odore delle mele è doloroso. È l’odore di una vita più intensa, di una lentezza che non meritiamo più.














                            [ da "La prima sorsata di birra" - P.Delerm ]





































Leggere è sempre un mettersi in gioco. E’ immergersi dentro il mondo di un'altra sensibilità, per scorgervi il diverso e l’uguale: ciò che non riconosciamo e ciò che sappiamo con immediatezza che ci appartiene. 


Così, viene quasi da piangere nel farsi carezzare da certe parole e da ciò che quelle parole sanno evocare... Come non riconoscersi nel mondo dei profumi? Profumi di fiori  e ancora di più, profumi di frutti. Quello delle fragole ad aprile, quello delle ciliegie a maggio, quello delle pesche a luglio, delle mele a settembre, dell’uva ad ottobre.


 


Ci sono profumi che hanno la potenza di visioni, di film interi, colossali cascate di immagini e ricordi. Attimi di tempo dilatati e sospesi in uno spazio inafferrabile che, a volte, senza preavviso, vengono a trovarci e ci sommergono.
          Anche questo fa parte dell’umanità di una persona ed anzi, chi trascura questa particolare dimensione, appare come un essere diminuito, menomato. Perché è questo che capita a chi si affida esclusivamente alla sfera razionale, anziché sviluppare una coscienza sempre nuova e fresca, proprio perché alimentata continuamente
dal mondo dei sensi.


 


E così, leggendo il brano riportato qui sopra, io stesso, all'improvviso, mi sono trovato proiettato su un prato. Un prato seminato un tempo ad erba spagna. Un  campo, un pendio rivolto a sud, a fianco della casa, dove risplendeva ogni anno, per tutta l’infinità di anni che dura l'infanzia, un melo autunnale. Durante l’estate vedevo crescere il miracolo di quei frutti dai colori brillanti. Il rosso che trascolorava in un rosa e il rosa in verde tenue.


 


Era un melo. Soltanto un melo. Ma i suoi pochi e preziosi pomi insaporivano l’aria fredda delle sere d’autunno quando rientrando da un tiepido pomeriggio trascorso con i compagni di scuola depositavo la bicicletta in cantina. Le mele erano lì che splendevano nel silenzio, nel buio e nella dimenticanza. Quasi restituendo in profumo, tutto il sole raccolto nell’estate appena trascorsa.


 


E’ passato del tempo da allora. Eppure per me dire "melo" oggi, significa ”quel melo”. Perché é quello l’albero magico che si é inciso per sempre nella mia storia.  Un albero che ora non esiste più, sotto la pioggia ed il sole. Perchè adesso  è un melo che vive luminoso soltanto nella rarefatta atmosfera della memoria. E da lì,  continua a profumare ad ogni nuovo autunno .


















                                     k ]























 

Commenti

  1. "Quel melo"... nel cuore di ognuno c'è "quell'albero"... Un abbraccio grande

    Angela

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  2. Questo non me lo dovevi fare, proprio in questi giorni che vivo sul nostalgico. Comunque sia, grazie per avermi fatto rimpiangere quel melo della tua infanzia anche se dà frutti che non mi piacciono, ma questo, scusa, è tutto un altro discorso che non vorrei offendesse la sensibilità dei tuoi ricordi. Buon blogging, caro Carlo.

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  3. Ricordi con un che di asprigno come l'odore delle mele un po' appassite.
    E' vero non si ha voglia di morderle, ma di odorarle.
    Le foto sono D.O.C. come sempre.
    Buona serata

    Chiara

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  4. Colpo basso. Uno dei miei preferiti in assoluto...

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  5. Il mio albero...un glicine che ha accolto ed ascoltato i miei pianti di bambina....ed ogni volta che ne vedo uno ed "ascolto" il suo profumo vengo prevalsa dalle emozioni, e mi ritrovo ancora lì, davanti al suo fusto contorto.
    E' un piacere per la mente entrare in questa tua "casa", ed è un piacere enorme aprire la propria e scoprire il tuo passaggio.
    Un abbraccio.
    Ilaria

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  6. ..sincronia di tempi, di profumi e di intensità...

    una carezza..
    da un po' non passavo a salutarti..
    m.

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  7. Il mio albero era un pino, gigante che abbracciavo da bambina...anche io ora abbraccio solo ricordi...

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  8.  Adoro le mele con le grinze: quello che non concedono alla vista è racchiuso nel sapore, nel profumo...
    Come questo post.

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