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Facebook? 


Something, Someone, Somewhere...






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Non é azzardato sostenere che per la Rete, il 2008 sia stato l’anno dell’esplosione del “social network” di cui il marchio più noto rimane FACEBOOK.

Come sempre, davanti ad una novità, é interessante, più che accodarsi all’ondata di entusiastiche adesioni, scavare pazientemente sotto la patina dorata con la quale, questi fenomeni vengono solitamente dipinti dai media.
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Così mi son chiesto “al di là degli aspetti più modaioli in che consiste Facebook? A chi serve? Cosa offre? E soprattutto, siamo sicuri che sia un valore aggiunto rispetto al nostro modo di relazionarci con il prossimo?”


Per rispondere a  queste domande mi é piaciuto cercare  qualche contributo più articolato e fuori dal coro.
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Riporto qui due articoli che offrono spunti sugli effetti di questa presunta, ennesima “rivoluzione della comunicazione interpersonale”

Sono articoli che mettono a nudo, senza paura,  alcuni meccanismi  del funzionamento di Facebook e le reazioni indotte su chi ingenuamente vi entra senza starci troppo a pensare. Ovviamente, sono testi un poco provocatori che tuttavia mettono in luce a sufficienza alcune inquietanti linee di tendenza.

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da un articolo apparso sul Sole 24ore :


“ Da settimane incontro soltanto persone che mi dicono, disperate, che vogliono uscire da Facebook, ma non riescono a farlo. Lo dicono con gli occhi sbarrati e l'espressione di chi chiede aiuto da dietro le inferriate di una galera. Mi sembrano detenuti che dall'alto urlano a chi passa lì sotto, infilano le braccia oltre le sbarre a rimestare nell'aria.
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Hanno tutta la disperazione di chi sa che il secondino se n'è andato lanciando la chiave nel fiume. È strano pensare che quelle stesse persone fino a un mese fa mi dicevano che senza Facebook non ci potevano stare, che grazie a Facebook si sentivano meglio. 


Soprattutto, mi ripetevano che dovevo provarla anch'io, quest'esperienza, perché essere dentro o essere fuori, era come prendere parte alla vita oppure essere morto. Essere «in» oppure essere «out».
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C'è stato un momento, che perdura, in cui era impossibile sfuggire a conversazioni che non avessero a che fare con Facebook. Qualunque fosse l'origine della discussione, qualunque fosse il fiume di parole che veniva giù dalle bocche delle persone, il mare in cui andava a finire era sempre quello di Facebook.
C'erano amici che quando mi incontravano per strada mi chiedevano «Ci sei su Facebook?»
Che era come dire «È inutile perdere tempo qui sul marciapiede, con le macchine che passano, i clacson, il telefonino, la fretta».




«Ci sei su Facebook?», e poi mi piantavano in asso. Li vedevo andar via di schiena, il cellulare tra l'orecchio e la spalla, in mano l'agenda e davanti gli altri che si aprivano come il Mar Rosso davanti a Mosè. Se parlavano di qualcuno, ne parlavano per dire che l'avevano incontrato su Facebook.
Un vecchio amico, un professore di liceo dimenticato, un ex vicino di ombrellone.

Persino in questi giorni, quando si parla della vittoria epocale di Obama, si dice che è stata epocale anche perché c'era Facebook.


Così sono entrato «in» pure io.
L'ho fatto un po' per sfinimento e un po' per riuscire a parlare con quegli amici che per strada mi piantavano in asso dandomi poi appuntamento su Facebook.
In strada erano sempre di corsa, su Facebook stavano a parlare per ore. Perché «in» è tutto molto più tranquillo.

Il mio ingresso l'ho fatto una sera di un paio di mesi fa, seguendo con attenzione le procedure. Ci sono entrato con la leggera apprensione che mi imperla le tempie ogni volta che mi avvicino a un oggetto con funzionamento appena più complesso della televisione. Di Facebook sapevo quasi tutto quel che c'era da sapere.

Sapevo che si trattava di aprirsi una pagina personale, di scegliere una foto, di inserire qualche informazione su di me, il mestiere, le mie passioni. Lo sapevo perché un'amica mi aveva fatto vedere la sua pagina.

Quando l'avevo vista avevo capito che si trattava di aprirsi una specie di loculo, una tomba, con la foto che guarda in faccia i passanti, che appunto passano e se hanno voglia lasciano dei bigliettini o cambiano l'acqua dei fiori.
Appena ha saputo che ero entrato anche io, la mia amica era contenta e orgogliosa. Era contenta di esserne stata un po' responsabile. Così non dovevamo più vederci per prendere un caffè in corsa, con i telefonini che suonano, le macchine, la fretta. I due mesi che ho trascorso su Facebook sono stati piuttosto movimentati.

All'inizio mi arrivavano molte «richieste di amicizia» e io le ignoravo perché non sapevo chi fossero queste persone. Poi la mia amica mi ha detto che la regola di Facebook era di accettare le «richieste di amicizia», e che dunque la mia condotta era una condotta antisociale.

Così da quel momento in poi, ogni volta che mi è arrivata una richiesta io ho accettato. In due mesi sono diventato per così dire, “amico” di quattrocento persone di cui non sapevo nulla, e di cui ora conosco la foto che hanno messo sul loculo e poco più.

Mi sono trovato a conversare a notte fonda con uomini e donne che mi trattavano come se fossi il loro migliore amico, o mi maltrattavano come il peggior nemico. Mi sono visto tacciare di snobismo per non aver risposto, insultare per aver tardato ad accettare una cosìddetta “amicizia”.

Ogni volta che ho fatto accesso alla mia pagina, qualche sconosciuto di cui avevo accettato la cosiddetta “amicizia” si è affacciato da una finestrella dicendomi «Eccoti qui», come se fosse stato tutta la notte appostato dentro il mio androne aspettando di vedermi rientrare.
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Ho saputo di tradimenti di persone più o meno famose, scoperte grazie a Facebook, visto che su Facebook  “tutti vedono tutto” quello in cui ciascuno è affaccendato." 
 

Sono stato contattato da compagni delle elementari, delle medie e delle superiori. Alcuni di loro hanno voluto a tutti i costi mandarmi delle fotografie per farmi vedere come eravamo.
Se penso a tutti gli anni che ci ho messo, per riuscire a dimenticare come eravamo...
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Poi sono stato contattato da prime, seconde e terze fidanzate, che mi hanno detto «Ti ricordi?».
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Poi da amici di amici di amici persi a ragione e rimasti (a ragione) relegati in un passato lontano.

Ho ricevuto inviti ad unirmi attivamente a gruppi di ogni tipo, dall'«Obama party» al movimento «Antibimbominkia». Di quest'ultimo movimento, che impiega il proprio tempo nel manifestare dissenso nei confronti dei fan dei Tokio Hotel, ho cominciato a ricevere ogni tipo di segnalazione: «No al bimbominkia su Facebook», «Contro i Bimbominkia per un mondo migliore».

Di seguito sono stato contattato per ogni tipo di sottoscrizione, per comprare cd, libri, per partecipare a inaugurazioni di negozi, pedalate sociali, per provare prodotti cosmetici, unirmi a merende ambientaliste, ripensare alla rivoluzione maoista.

Ecco, dopo due mesi così, ho chiesto disperato ai miei amici di uscirne. E loro disperati, con gli occhi sbarrati, mi hanno detto che non sanno come fare, che ci hanno provato ma non capiscono come si fa, quale procedura si debba seguire. E così ne parliamo su Facebook, ciascuno dietro la propria inferriata, le braccia oltre le sbarre a rimestare nell'aria. E così, da qui, da dietro la mia grata mi è venuto in mente Michel Foucault, quando parla del Panopticon di Bentham.

«Ogni giorno, anche il sindaco passa per la strada della città di cui è responsabile; si ferma davanti a ogni casa; fa mettere tutti gli abitanti alle finestre. Ciascuno chiuso nella sua gabbia, ciascuno alla sua finestra, rispondendo al proprio nome, mostrandosi quando glielo si chiede. Questa sorveglianza si basa su un sistema di registrazione permanente».

All'inizio, viene stabilito il ruolo di tutti gli abitanti presenti nella città, uno per uno; vi si riporta «il nome, l'età, il sesso, senza eccezione di condizione.

È un sistema, dice Foucault, che ha un effetto sicuro: «indurre nel detenuto uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento automatico del potere perché l'essenziale è che egli sappia di essere osservato».

Ne parlo anche con i miei cosiddetti “amici”, di questo passo di Foucault. Gli dico che è dentro un libro che si intitola “Sorvegliare e punire”. Più che dirglielo, glielo urlo dalla mia finestra.

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 da un articolo apparso su Nòva100 :

Cliccare su «Home», su «Impostazioni account», su «Disattiva account» e alla fine su «Conferma disattivazione account».
«Ecco il sistema se per caso vi interessa… per andarsene definitivamente da Facebook… si fa così».

Tito Faraci oltre a essere conosciutissimo come autore di fumetti, da Topolino a Lupo Alberto, da Diabolik all'Uomo Ragno, è un blogger di Nòva100.
E sul blog racconta la sua uscita di scena da Facebook: «Non ho molti amici. Di sicuro, non ne ho certo 235. Forse neanche contando tutti quelli che ho avuto nella mia vita, finora, anche quelli che ho perso di vista».

Tito distingue l'amicizia facebookiana da quella reale «
Tutta questa amicizia su Facebook è un triste simulacro».
Quando si è bambini e qualche compagno fa la fatidica domanda: «Vuoi giocare con me?», la sincerità porta a rispondere anche di no, ma quando si è in età adulta è diverso – dice Tito: «
Come si fa a rifiutare uno che ti chiede di essere amico, anche se non hai idea di chi sia?
».

Sono molti i pentiti di Facebook che hanno deciso di cancellare il proprio nome. «Non è utile per me, finisco per seguire solo quello che fanno altre persone che non conosco nemmeno. Perdo un’enormità di tempo su Facebook che posso impegnare altrove».

Francesca, studentessa di lingue, ha cancellato il suo account perché «mi distrae troppo e io devo studiare per laurearmi». Anche Stefano, studente a Bologna, concorda: «Tutti i test, per quanto siano stupidi, sono divertenti e diventano in seguito, come una droga».
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Stefano si riferisce a test del tipo «Quanto abbiamo in comune?» (ideato per "provarci" con qualche ragazzo/a puntando sulle affinità), oppure dal sapore tanto cardiologico quanto curioso,
«Di che colore è il tuo cuore?», passando per la morbosa curiosità di «Qual è il tuo stile di baciare?».


Stefano e Tito concordano su un punto. «Stimola troppo il mio narcisismo, a cui devo già stare abbastanza attento nel mio blog», dice Tito.
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«Facebook tira fuori ed esalta l'egocentrismo che c'è in tutti. Si mettono in piazza i propri gusti facendo vedere quanto si esce belli nelle foto», gli fa eco Stefano.
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Ma perché ha attivato l'account?
«Perché ce l'ha il mio primo amore di quando avevo dodici anni, si era trasferita a Torino ed ero curioso di vedere com'è dopo 15 anni». Anche Marco, lavoratore precario, si è cancellato: «Secondo me, no. Se ne può fare assolutamente a meno. Non è paragonabile neanche lontanamente alla rivoluzione di Skype».
Vi siete cancellati perché la vostra privacy non era garantita? La risposta di molti è comune: «Dal punto di vista della privacy, sicuramente é un sistema che va modificato, perché anche se ci sono opzioni per garantirla, l'altro utente si accorge che gli stiamo negando l'accesso ai nostri dati».

Tito Faraci: «Non sono un orco. Sarò anche timido, vagamente ombroso, ma alla fine mi piace stare con la gente. La gente reale, però. Non voglio collezionare, non voglio essere collezionato. Non è una critica a chi resta su Facebook. Sicuramente ci sarà una maniera per stare lì dentro anche divertendosi, senza prendere la cosa sul serio, senza lasciarsi intrappolare»
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Ora, dopo aver letto queste testimonianze ed essermi riconosciuto in molte delle obiezioni che vengono avanzate a Facebook e alle sue atipiche modalità di comunicazione/relazione virtuale, sono ancora più convinto della mia sostanziale distanza da questo fenomeno.



Fra l’altro quelle considerazioni rafforzano una strana impressione che ho avuto fin dalla prima volta che mi sono imbattuto in Facebook. Qualcosa che posso tradurre in un pensiero, che va ben oltre le caratteristiche e il caso specifico di questo social network .



Ho la sensazione,  mai avuta così distintamente prima, che il nostro tempo, il tempo di tutti noi, sia prezioso... molto, molto, prezioso.

Più prezioso di quanto avessi mai pensato... 

E che qualcuno, quel nostro tempo, abbia deciso di vederlo come una merce. Fino a creare gli strumenti più idonei per trasformarlo in merce. Qualcosa che snatura la dimensione qualitativa del tempo, per ridurlo a pura materia mercificata.


Perché soltanto in quella forma, diventa allora possibile portarcelo via, rubarcelo, rivenderselo, (con la pubblicità online).

Nel rispetto della consueta, paranoica e patetica ossessione, ovvero: "make money, money, money…".


                                


Commenti

  1. che se non hai facebook non sei nessuno, e infatti io non ce l'ho! =)

    grazie del ringraziamento!

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  2. Io non ci andrò mai. Purtroppo una mia carissima amica per accontentare la nuora, maniaca di face-book, ha accettato ma ne era già titubante inizialmente, figuriamoci dopo qualche giorno dopo contatti demenziali, ma te lo racconterà lei. Io, per fortuna -per ora- non ho una nuora...
    Buon weekend
    Chiara

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  3. Grazie per le informazioni, io non sono iscritta anche perchè provo diffidenza verso questi "spogliarelli" mediatici.Buon fine settimana.

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  4. Articoli oltremodo interessanti e spiritosi.
    Nonchè la tua opinione...
    Fin dall'inizio mi era parsa cosa molto sgradevole. Avere un proprio blog è cosa ben diversa.
    Ciao

    Bess

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  5. Concordo, ho ricevuto tante pressioni da parte di amici ma non sento il bisogno di un altro strumento per allacciare rapporti virtuali. A volte mi stanco anche di splinder e mi verrebbe voglia di chiude re il negozio. Ammetto che una volta, sfruttando il nick di mia figlia Alessia, ho provato a ricercare un amichetto del cuore ai tempi delle scuole medie che sicuramente mi farebbe piacere rivedere ma non l'ho trovato. Fine dell'esperienza.
    Penso altresì che ci sia in giro una grande voglia di amicizia e di rapporti perchè altrimenti non si spiegherebbe come siti, sulla fattispecie di facebook o myspace e similari, trovino grande successo e tantissime adesioni in poco tempo. Il fenomeno andrebbe spiegato meglio da addetti ai lavori per capire meglio, resto comunque sulle mie convinzioni ovvero gioco, senza tante pretese e senza prendermi troppo sulk serio con splinder, ma preferisco di gran lunga le amicizie reali, quelle con le quali condivido un bel caffè, una bella mangiata, una infinita chiacchierata dietro tanti ammiccamenti, lazzi e tante risate. Buon blogging, caro Carlo.

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  6. Mi sembra strano...ma questa volta non condivido a pieno quello che scrivi...Facebook ha tanti contro ma ci sono anche tanti pro e tutto dipende da come lo si usa...Del resto,attraverso blog,live space e ki più ne ha più ne metta,siamo qui a condividere i nostri pensieri,anche quelli più profondi, con gente che neppure abbiamo mai visto...Fbook è un modo per riallacciare rapporti con persone che almeno 1 volta nella vita abbiamo guardato negli okki...dialogare con qualcuno che non si nasconde dierto un nick...è un modo per rendere un pò più reale il mondo virtuale che nasconde troppe insidie...Naturalmente ci sono persone ke si ammalamo di Fbook come ci sono persone che stanno serate intere davanti al pc senza uscire di casa...Io non credo ke il problema sia Fbook...voi ke ne dite??Scusate se sono stata prolissa...un dolce bacio Principino...Eliana

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  7. Non chiedermi il perchè ma di Facebook la mia testa ed il mio cuore non ne volgiono proprio sapere... la sua filosofia la sento anni luce lontana da me...
    Buona domenica
    aicha

    ps. se ti va di emozionarti sulle note del Boss sai dove trovarmi...

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  8. Beh... se non altro, è positivo che vengano fuori opinioni diverse.
    Ognuno mette l'accento su qualcosa che gli preme.

    Di certo come dice Enzo, c'è davvero un gran bisogno di comunicazione autentica. Ma gli strumenti che abbiamo a disposizione sono diversi e ognuno di loro condiziona e indirizza la comunicazione in una sua propria direzione del tutto differente da un altro strumento.
    Non tutto è uguale:un blog è un blog, una chat è un'altra cosa, Myspace altro ancora

    Di certo l'approccio di Facebook appare più superficiale e "leggero" al punto da sembrare talvolta il Festival della vacuità.

    Per alcune persone poi può risultare irritante e sgradevole essere bersagliati da decine e decine di messaggi che alla fin fine rasentano l'insignificanza più totale.

    Iscriviti a questo, associati a quest'altro, partecipa a...
    hanno senso se partono da un nostro effettivo bisogno o interesse.

    Altrimenti si innescano i meccanismi tipici delle campagne promozionali.
    Avete presente la cassetta della posta che trabocca ogni giorno di carte opuscoli campagne promozionali,depliant, volantini?

    Alla lunga essere oggetto di una massiccia campagna di questo tipo diventa fastidioso, oltre che una perdita di tempo non indifferente.

    Per quel poco che ne capisco mi pare che nei rapporti interpersonali invece, debba sempre prevalere la "selettività" e la "qualità" e non la quantità. Altrimenti davvero viene fuori quel senso di "collezionare ed essere collezionati" che è il massimo della alienazione.

    Almeno credo.

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  9. ..E credi bene Carlo :)
    Ciao (Clara)

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  10. Mi dispiace contraddirti ancora...per me tutto o quasi in rete può essere leggero...Non sta a noi giudicare...Il problema più grande caro Carlo è che al giorno d'oggi è difficile comunicare al di fuori di questo groviglio di fili...perchè si ha paura di confrontarsi con persone reali...perchè la paura di essere feriti ci tiene sospesi con quell'infinita voglia di condividere che è sempre più difficile realizzare...Non voglio passare con una che difende a spada tratta Fbook...non sono una di quelle malate che stanno lì ore ed ore a cercare persone o ad accettare inviti di persone con cui penso di non poter condividere nulla...solo per "collezionare"
    ...Rifiuto tranquillamente inviti...senza pensarci 2 volte...e nel mio gruppo di amici ci sono solo persone vere con cui ho condiviso un pezzetto di vita...Persone che per motivi più strani non ho più incontrato...e che dopo anni ancora mi fanno star bene...

    Ripeto credo che le persone ke abbiano un minimo di razionalità riescano a scindere...ad essere se stessi anche su Fbook...Molto sta nelle caratteristiche di chi si mette davanti al pc...

    Io reputo 1000 volte più piacevole una chiacchierata passeggiando in un parco o sul lungomare(che anche d'inverno regala emozioni)...

    Un dolce bacio...Eli

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  11. Prima di tutto complimenti per il blog...una raccolta di pensieri e emozioni! bello davvero! Riguardo facebook ho dato una breve occhiata e sono rimasta inorridita...brutto brutto che più orribile non si può...intanto l'interfaccia grafica... e poi chissenefrega di farsi conoscere e ritrovare persone on-line. Sono dell'idea che se una persona o amicizia è stata lasciata indietro nel passato lì deve restare. A chi mi ha chiesto se sono su Facebook ( a parte che mi era venuto da rispondere: chi è facebook?) ho risposto: NON MI PIACE PER NIENTE. PER SCAMBIARE OPINIONI HO IL MIO BLOG...E POI ho da fare troppo nella vita reale. ...è così.

    Scusa per il lungo commento ma vorrei dire che ormai siamo prigionieri di internet senza rendercene conto perchè è apparentemente a buon mercato e perchè ci stordisce la coscienza e abbrevia le distanze (sempre apparentemente!!) e soprattutto attutisce la grande paura del confronto diretto tra persone. Che è quello vero. Ciao :)

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  12. Mi associo nel deprecare quella faccia brutta e sottoscrivo con il sangue italiano quanto scritto in inglese. Ciao Carlo

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  13. mi piace ritrovare questo argomento qui da te. E' un po' che ci rifletto e come te ho attraversato (superficialmente lo ammetto) tutte le fasi feisbukiane come te...con tutte le riflessioni del caso, che hai ottimamente riassunto qui.
    C'è davvero un enorme bisogno di comunicazione profonda e condivisione e di certo FB non è la risposta, è solo uno strumento come tanti, forse come troppi, che abbiamo e possiamo usare.non usare.usare bene.usare male.
    Non credo sia fuori dalla realtà ma faccia parte e rappresenti simbolicamente quella realtà complessa, iper-stimolante, potenzialmente profonda e ricchissima ma talvolta miseramente vissuta nei sentimenti e nelle relazioni che ciascuno deve gestire ogni giorno...
    La chiave del nostro tempo è assolutamente importante per la rilettura di tutto ciò che (ci) sta accadendo intorno.
    grazie!

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  14. Non so come ho fatto ad parire un blog...forse era la voglia di mettere per scritto ciò che sentivo...siano cose tristi, profonde o anche solo cazzate...facebook non mi ha mai attirata...forse sarà perchè l'unica volta che spinta su consiglio di mia sorella entrai in una chat....scappai a "tasti levati" dopo nemmeno mezz'ora....troppa gente che vuole sapere, troppa gente che ti vuole "parlare"..che ti chiede...che vorrebbe metterti ion situazioni nelle quali io proprio non mi ci trovo....

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