sogno diurno | ||
Capito sul sito di un quotidiano abruzzese. Le contemplo con calma, come fossero immagini della superficie di un altro pianeta. Provo a figurarmi che siano immagini scattate da una sonda inviata su Marte. Divago… "Cosa si dovrà dire di una sonda inviata su Marte? Sarà una sonda “Atterrata”? “Ammarata”? “Ammartata”? …chi lo può dire? Torno alle immagini. Seriamente m’interrogo: “qual’é il soggetto di queste immagini?” Poi lo sguardo s’incaglia su ciò che rimane d’una inferriata, sul rosso vivo d’un geranio che spunta ancora fra due coppi spezzati. Non so distogliere gli occhi da quel colore che le ripetute e recenti piogge, hanno reso ancora più netto rispetto al grigio-rosa delle macerie. Davanti agli occhi, l’immagine prende movimento. Come fosse un nastro registrato, vedo le macerie sollevarsi da terra, la polvere riempire ogni spazio, le travi tornare sul tetto, i palazzi riallungarsi verso l'azzurro del cielo, finchè tutta la strada riassume il suo aspetto consueto. Ed ecco che prendo a scrutare gli intonaci, le finestre, gli spigoli, le porte, le soglie. Ma quel nastro che si sta riavvolgendo nella mia mente non si ferma... Comincio a vedere bambini per strada…e passanti passare. Soprabiti ormai dimenticati nelle loro fattezze fuori moda. Ci sono bambini che giocano a calcio, su nella piazzetta, come stracci portati dal vento …si intravedono a tratti in fondo alla via, mentre arriva distintamente il suono della gomma che rimbalza sui muri di sasso con un vibrante fragore. In primo piano, due bambine appoggiano dei piccoli contenitori di latta sul gradino di casa, un gatto le osserva acciambellato dentro un vaso di gerani al riparo dietro la grata che contorna la finestra al piano terra. Passa un carretto trainato dall’arrotino. Lo sguardo è una carezza ai muri, all’intonaco rossiccio, all’acciottolato. All’angolo, dalla fessura fra il muro e la strada fa capolino il verde brillante d'un getto di edera E lì a fianco, una manciata di fili d’erba mischiati al trifoglio più scuro. Il sole di traverso accende lo spazio vuoto fra due case…l’aria brulica di di mille piccoli punti palpitanti… Mi scuoto e ritrovo davanti la foto pubblicato sul sito. Ma quali camion sgombreranno le macerie della memoria?_ | ||||
[ k ] | ||||
Si, forse il dolore crea amore. Se si ha il coraggio di immergersi all'interno di esso, diventa trasformativo, ci fa vedere le cose da un'altra prospettiva.
RispondiEliminaSecondo la leggenda, la salamandra, passa attraverso il fuoco e brucia la sua pelle, ma rimane illesa, uscendo dal fuoco vestita di un diverso colore.
Forse ciò da cui dobbiamo difenderci non è il dolore. Credo che dobbiamo rifiutare il concetto di sofferenza, quella cronica attitudine alla rassegnazione che nei millenni, religiosi e politici hanno cercato di cucirci addosso per renderci inermi.
Come sempre Carlo, dai ottimi spunti di riflessione.
Buon W.E. lungo :-)
Letisha