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Te ne sei andata troppo presto. La gente iniziava ad apprezzare cose un pò più leggere. A nessuno piaceva più chi si sbranava davanti a loro, le urla acide di disperazione, gli sputi sul niente. _ Era il tempo del cioccolato, nella tua cucina con le tendine bianche e rosse. Allora le cucine piacevano, si sta meglio giusto un pò di lato, a margine della felicità, e senza osare dirlo. Tu facevi dolci marmorizzati cioccolato e limone, io prendevo la chitarra e le canzoni arrivavano, limone amaro e cioccolato, caldo e freddo, felicità-pazienza. _
Un pomeriggo verrai a scuola. I bambini non saranno sorpresi, ti accoglieranno come una sorella più grande, come un'amica lontana, in un giorno di pioggia nella monotonia autunnale delle aule. _ Poserai il mantello su un banco, i tuoi capelli lunghi bagnati diranno le strade attaversate, la frescura dei paesi. Sceglierai un libro dall'armadio. Noi staremo zitti, perchè tu vorrai leggere una storia, un racconto d'altri tempi. La storia sembrerà tutta nuova, e la tua voce grave s'innalzerà su di noi come una pioggia dolcissima che si interrompe all'ora di cena. La storia sarà triste, la piccola fiammiferaia, e i sogni di luce bruceranno la sua vita fragile e bianca. I sogni sono troppo forti, e prenderai Armelle per mano. _
Io sarò sguardo, un'ombra nel cuore di quel palazzo d'infanzia. La notte scenderà presto, è già la fine d'ottobre e l'inizio d'un sortilegio blu d'inverno. Porterai la mia classe alla soglia dell'inverno, su sentieri d'altrove. Ci sarà qualche domanda. Risponderai molto lentamente, quasi a lato della loro attesa. Loro non conosceranno il tuo paese, forse solo il tuo nome, che ripeteranno, sillabe di mistero, dal gusto di racconto e villaggio sotto la pioggia. _ Canteranno per te Tout Bas-Tout Bas, ninna nanna sulle immagini di Andersen, con il capitano di legno che dice :"Passate, prego. Passate!" _ Passate, il sogno è là, passate sull'altra riva con l'amica lontana e il suo mantello inzuppato. Io l'aspettavo, bambino, nelle lezioni di noia, all'ora dello studio. Lei non arrivava mai, dormiva nei miei libri, febbre di racconti, impossibile dolcezza. In questa sera d'ottobre sarà là, in fondo al tuo sguardo come una febbre eterna. _
Custodisco il tuo nome, che non ti racconterebbe. La tua morte ha richiuso per me quel nome che non ti racchiude più, perchè? Avevo steso il mal di te al fondo di due sillabe. Ma tu sei più vaga, un nome leggero non ti racconta. Sei tu nell'ombra dei tigli e nelle risa dei bambini, negli sguardi che fuggono dalla finestra, nella freschezza dell'acqua quando c'è Disegno. Ho mostrato i tuoi album ai miei scolari, non ho detto che ti conoscevo... _
_ Quando al mattino uscivi per andare a scuola in square Carpeaux, una voce ti chiamava. Ti rivedo. Ti volti, vivace, la cartella sulla spalla. Hai un grembiule ricamato a quadretti bianchi e azzurri. Quel nome, gettato nella piazza d'aprile è il tuo, perchè volti la testa, il caschetto nero dei tuoi capelli ondeggia, e tu hai i gesti vivi e lo sguardo dolcissimo. Nathalie ti corre incontro. L'aspetti. In equilibrio su un piede solo, ti sistemi la calza, la cartella si china con la tua schiena. Andate a scuola, laggiù, poco lontano, in un sobborgo di Parigi. _
Ci sono grandi silenzi nella mia classe, come il rito dei dettati.. Leggo molto lentamente, passando tra le file, talvolta mi fermo. "Alain, dove sei rimasto? Rileggo per Alain...Punto. Fine del dettato...Scrivo il nome dell'autore alla lavagna..." _ Penso un poco a ciò che faccio, durante la prima lettura. Ma dopo...Rileggo una volta per la punteggiatura, un'altra per il senso. In quel momento, nel silenzio tutti mantengono una parvenza di serietà, ma le parole se ne vanno un pò più lontano, lungo le vie dell'inchiostro blu. _ Il sabato, dopo la ricreazione delle dieci, ogni scolaro va al rubinetto per riempire il vasetto di yogurt. E' l'ora del Disegno. Fuori, l'estate sonnecchia ancora al sole biondo di fine settembre. Dentro profumo di acquerello bagnato. E un pò di trambusto. _ _ "Maestro, posso andare a cambiare l'acqua?" Tengo la brava infanzia al fondo delle ore dimenticate, quando mezzogiorno non arriva, quando i colori impallidiscono sui fogli inzuppati e i mormorii si spengono. _ Tutta l'infanzia è lì. Fuori un paese approssimato, niente più grida, niente giochi, i vecchi si parlano lentamente, il tempo sembra più lungo. Laggiù vicino alla Risle, Madame Dubois stende le lenzuola in un giardino troppo nudo, il tempo non passa. [...] _
Sono da te , questa sera, oltre i paesi, oltre l'oblunga dolcezza delle vallate. La mia vita si addormenta al fondo della tua assenza: mi sono colato addosso questa vallata per tenerti con me, per metterti sulla carta fino in fondo. Nella pace di un paese e di una scuola ti imparo. _ C'è questo quaderno, su un banco di scolaro; ti scrivo la mia memoria, sono qui a metterti per iscritto a colpi di penna, a colpi di passato: è la mia vita, il riflesso della tua memoria disegnata.
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Quante cose vere ho letto e ti dici:" è proprio così".
RispondiEliminaHai scelto dei brani particolari, con molta cura, così come l'abbinamento con le fotografie.
Grazie Carlo. Un bel post davvero.
Buona serata.
Gianluisa
Ti avevo letto ieri sera ma poi ero davvero stanchissima. Lauretta sta diventando troppo 'intelligente' per me...
RispondiEliminaAl di là delle fotografie tue che sono sempre più belle e rarefatte (pare di esserci dentro) il testo che pubblichi è molto valido. Mi ha colpito l'arroganza che sopravviene quando si è felici: si diventa anche egoisti. Vero. Buona domenica. Chiara
E' così... Ci sono tante piccole, piccolissime, infinitesimali verità in questo brano.
RispondiEliminaAnnotazioni lievi offerte al nostro sguardo, come se la scrittura, per una volta, fosse tracciare ombre leggere, colori evanescenti, linee appena abbozzate. Quasi un acquerello, le atmosfere dipinte con le parole...e piccole-grandi verità.
E' uno scrivere delicato, a piccoli tocchi, in punta di penna, quando la penna somiglia forse più ad un pennello...
Ecco perchè mi suggerisce l'idea di un dipingere "impressionista", uno scrivere per atmosfere, luci, sapori, suoni, echi.
E' un chiamare dal buio alla luce della scrittura...
Come chi dipinge, dall'informe chiama alla luce dello sguardo, le cose.
Come potrei fare a meno di questo vortice di emozioni che mi avvolge ogni qualvolta la mia anima ha bisogno di pura poesia?Parole che come carezze dal tocco lieve estasiano i sensi...
RispondiEliminaNo! Proprio non posso!
Un abbraccio
Aicha