ITALIA  DA  CONOSCERE



 

 

 

 

 


 



 La  riviera  dei   Cedri



 



 




 



 



 



 



 



 


























































































































































































 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fra le tante ricchezze del nostro paese, di tanto in tanto mi piace immergermi in alcuni luoghi speciali, ricchi di attrattive.



Non amo particolarmente i luoghi famosi e rinomati. Piuttosto le località meno note, ai bordi dei grandi flussi turistici. Luoghi poco conosciuti e anzi tutti da scoprire, che rispondono quasi ad un bisogno esistenziale di pace e di armonia, di bellezza e di splendore. E chi l’ha detto che occorra passare da Capri o da Cortina per incontrare tutto questo?
Vi sono luoghi insospettabili, orizzonti magici che a vederli, cambiano il nostro immaginario riempiendoci di una nuova serenità effervescente. Perchè rispondono ad un desiderio essenziale. Incarnare quel paesaggio di cui il nostro cuore e i nostri occhi hanno bisogno. E quando gli occhi sono ricettivi e disposti a perdersi in quella dimensione di pienezza data dallo splendore naturale, dai colori, dai profumi, dagli scorci che si incidono nei sensi,  ecco che il miracolo si compie
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Mi era capitato in passato con le Eolie, con la costa dell’Argentario con l’arcipelago toscano, con la Riviera d’Ulisse (Circeo, Sabaudia, Sperlonga, Ventotene). Oggi mi fermo a contemplare un altro angolo incantato del nostro paese: la riviera dei Cedri in provincia di Cosenza.



"Riviera dei Cedri" è il toponimo che identifica una fascia di territorio calabrese di cui fanno parte una ventina di comuni compresi fra Tortora e Paola. Fra questi, i più significativi sono Tortora, Praia a mare, Scalea e S.Maria del Cedro.
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Il termine di "Riviera dei cedri"  deriva dalla diffusa coltivazione del cedro della varietà "cedro liscio di Diamante", un agrume prezioso.



Come gli altri agrumi, il cedro ha le sue origini in Asia sudorientale, più precisamente all'incirca nell'area oggi denominata Bhutan  ma giunse in Europa in tempi remoti. In Italia il cedro è principalmente coltivato e lavorato in Calabria, nella fascia costiera dell'alto Tirreno cosentino che va da Diamante a Tortora con  al centro Santa Maria del Cedro, dove questo agrume cresce spontaneo. La conoscenza del cedro è molto antica. Fu classificato già da Plinio il vecchio nella Naturalis Historia col nome di "mela assira". A quei tempi ancora non si usava il frutto in campo alimentare; il suo utilizzo a tale scopo si sarebbe diffuso solo due secoli dopo. Era invece usato come repellente contro le zanzare, in maniera analoga alla citronella. In seguito fu utilizzato anche per l'estrazione di olii essenziali. Il cedro ebbe quindi grande diffusione sulle coste del Mediterraneo. Una menzione particolare va fatta del cedro giudaico o etrog (Citrus medica ethrog) che viene usata ancora oggi dai credenti ebrei nella Festività dei Tabernacoli.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Tortora



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Tortora è il primo comune della Calabria Nord-occidentale che si affaccia sul Mar Tirreno, al confine con la Basilicata. Il suo territorio è prevalentemente collinare è incluso in gran parte nel Parco Nazionale del Pollino. La flora è la tipica macchia mediterranea composta da arbusti quali, il lentisco, il mirto e l’alloro, l’erica, il ginepro e il corbezzolo. Dal litorale fino ai 600 metri di quota le principali piante ad alto fusto sono la roverella e il leccio, oltre alla sughera che per lo più cresce nella località Rosaneto. In montagna si trovano boschi di castagno mentre il resto del territorio boschivo è composto da acero campestre, carpino nero, cerro e faggio. La vegetazione è composta anche dal pioppo nero e e dal pioppo tremolo a cui si aggrappano centinaia di funi di vitalbe



 



Il territorio tortorese ha visto la presenza dell'uomo fin dagli albori della storia umana. Nella località Rosaneto è stato trovato un giacimento preistorico all'aperto, risalente al al Paleolitico inferiore, datato circa centocinquantamila anni fa, uno dei più antichi siti preistorici italiani. In questo sito sono stati rinvenuti un migliaio di strumenti litici.  La presenza umana sul territorio è testimoniata nei millenni a seguire come dimostrano gli scavi avvenuti ai piedi della falesia calcarea di Torrenave. Negli strati inferiori sono stati recuperati strumenti litici prodotti dall'uomo di Neanderthal e nel Paleolitico Medio, mentre in quelli superiori compaiono gli strumenti tipici dell'Homo sapiens sapiens. Nella grotta della Fiumarella sono riemerse ceramiche incise dell'età del bronzo.



 



Blanda



I primi segni di civiltà nella zona risalgono al popolo degli Enotri, che dimorò sul territorio fino dal VI secolo a.C. proveniente dal Vallo di Diano: la sua presenza sul territorio è stata accertata dal ritrovamento di 38 tombe con corredi funerari enotri, da una stele e da un piccolo centro abitato. In seguito, agli Enotri si sostituì il popolo italico dei Lucani, che nel comune di Tortora sul colle Palecastro ampliarono e fortificarono il primo centro di origine enotria denominato "Blanda". 



Intorno al V secolo i  Lucani divennero signori incontrastati del territorio che si estendeva fino alle rive del fiume Lao a sud dell'odierna Scalea. Come riportato dallo storico romano Tito Livio, Blanda fu espugnata nel 214 a.C. dal console romano Quinto Fabio Massimo, per essersi schierata con Annibale nella seconda guerra punica. Dopo la conquista romana Blanda visse per oltre centocinquant'anni una vita stentata fino alla metà del I secolo a.C.  quando divenne definitivamente un centro amministrativo romano ed assunse il nome di Blanda Julia in onore di Ottaviano



 



A partire dal IX secolo d.C.  Blanda, sottoposta a continue incursioni e saccheggi da parte dei Saraceni, subì una progressiva decadenza. L’abitato fu abbandonato intorno al X secolo, quando la popolazione si raccolse intorno al Castello delle Tortore, roccaforte longobarda, dando origine all’abitato detto, in onore dell’antica città, Julitta, oggi Tortora. 



 



Oggi i ritrovamenti dell'antica città di Blanda possono essere ammirati nella mostra perenne "Archeologia per Tortora: frammenti dal passato", sita nel palazzo Casapesenna a Tortora Centro Storico.



 



Nei primi anni dopo il mille il piccolo borgo di Julitta iniziò una lenta espansione ed assunse il nome di Tortora, dal volatile selvatico  omonimo che in quel periodo abbondava nei boschi adiacenti. 



 



Nel XVI e XVII secolo tra le attività principalmente diffuse nella Marina di Tortora troviamo la coltura del baco da seta e della canna da zucchero. In questi secoli Tortora conobbe grandi epidemie, fra cui la terribile peste di Colera del  1656  che dimezzò la popolazione. Il problema delle epidemie di massa fu risolto in modo definitivo soltanto nel 1866, quando furono abolite le risaie nei territori di Tortora ed Aieta. Il 3 settembre del 1860 a Tortora sostò Giuseppe Garibaldi insieme ai suoi generali, ospiti della famiglia Lo Monaco Melazzi. In questa occasione Garibaldi nominò il tortorese Don Biagio Maceri capitano della Guardia Nazionale



Nel 1928, con Regio Decreto del 16 aprile il Comune di Tortora, dopo una plurisecolare esistenza autonoma, venne soppresso ed accorpato, insieme al comune di Aieta, al nuovo comune di Praia a  Mare, che fino a quel momento era stata frazione di Aieta, ma nel 1937  riacquistò la propria autonomia



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 



 



  



 





 



 



 



   





 



 



 



 



S.Nicola Arcella



 



   






























































































































 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Praia a Mare



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






In origine popoloso villaggio di contadini e di pescatori sorto sulle spiagge tra il corso del fiume Noce, che a nord segna il confine con la Basilicata ed il contrafforte roccioso oltre la pianura alluvionale del fiume Lao, fu inizialmente la frazione marinara del confinante comune di Aieta. Praia a Mare, all'epoca con il nome di "Praia d'Aieta" diviene comune amministrativamente autonomo nel 1928. Nel 1937 ha luogo la scissione da cui nascono tre distinti Comuni: Praia a Mare, Aieta e Tortora così come sono oggi. Per secoli Praia ha mantenuto integri e vivi usi, costumi e tradizioni della vicina rocca d'Aieta. L'etimologia del nome è incerta, anche se ricorda i traffici di merci e di uomini che nell'antichità avvenivano sulla costa Tirrenica: deriverebbe da "Plaga Sclavorum", spiaggia degli Sclavoni o degli Schiavoni, o da "Plaga Slavorum", spiaggia degli Slavoni. La cittadina ha subito un notevole sviluppo tra gli anni sessanta e novanta grazie agli investimenti del gruppo Marzotto e della famiglia Agnelli.



 



Oggi Praia a Mare, che ingloba anche l'isola di Dino, vive principalmente di turismo. Ecco alcuni punti di interesse della cittadina calabrese:





  • Isola di Dino - Piccola isola che si innalza di fronte alla località Fiuzzi. Sono presenti delle grotte marine, tra queste le più famose sono la Grotta Azzurra ( per l'intenso colore azzurro dell'acqua al suo interno) e la Grotta del Leone (il nome deriva dalla presenza al suo interno di uno scoglio che assomiglia molto ad un leone sdraiato).




  • Il Fortino - Al XVI secolo risale il forte difensivo del Fuma-rulo di Praia che i signori di Aieta fecero costruire e  desti-narono alla difesa del litorale costiero.




  • Torre di Fiuzzi -  Costruita su un faraglione della scogliera di Fiuzzi alto 15 metri, su cui era presente una torre angioina, è una delle torri più grandi della zona.




  • Rocca di PraiaComplesso fortificato risalenti al secolo XIV di costruzione Normanna.




  • Santuario della Madonna della Grotta - Così chiamato perché posizionato all'interno di una grotta naturale all'interno di una collina. Vi è venerata la Madonna della Grotta. Narra la leggenda, cui fa cenno anche il Marafioti in "Croniche et antichità di Calabria", che nell'agosto del 1326 un bastimento turco, carico di Mercanzie, solcava veloce le acque al largo dell'isola di Dino, quando d'un tratto rimase immoto, come per incantamento. I marinai turchi si atterrirono e pensarono che la causa di tutto ciò fosse un maleficio. Essi sapevano infatti che il capitano era cristiano e serbava gelosamente nella sua cabina una bella icona di legno della Vergine col Bambino (la statua della Madonna): per poter proseguire felicemente, bisognava liberarsene a tutti i costi. Il pio capitano tentò a lungo di commuovere la ciurma scatenata, poi dovette arrendersi alla violenza. Ma piuttosto che lasciar cadere in mare la statua della Madonna, preferì abbandonarla sul lido, nella spaziosa grotta ch'era da presso, sopra un grosso masso che ancor oggi si conserva e la devozione dei fedeli non lascia mai privo di fiori. Dopo di che il battello musulmano con un fremito si mosse con un ribollire di spuma e ripartì. La statua fu scoperta da un giovane pastore muto di Aieta, che a volte usava riparare nell'antro per sfuggire alla pioggia o al caldo opprimente. Il muto corse in paese per annunziare l'evento e prodigiosamente parlò e questo fu il primo miracolo della Madonna della Grotta. Il giorno dopo accorse tutto il popolo di Aieta, paese situato a 2 ore di cammino da Praia, e la statua fu trasportata nella chiesa Madre; ma nella notte scomparve per tornare al suo rozzo altare di pietra, nel primitivo riparo sul mare dove si trova tuttora. Da allora, il 15 agosto, un grande numero di pellegrini accorre al santuario di Praia per invocare le grazie dalla Madonnina lignea. Da allora la statua della Madonna della Grotta viene portata in processione per il paese di Praia a Mare ogni anno per tre giorni (14,15,16 Agosto); La festa è insieme religiosa e profana poiché nel periodo in cui essa si svolge vi è anche la fiera del paese e il 15 sera di Agosto sulla spiaggia i ragazzi di Praia accendono del fuochi in onore della Madonna della Grotta.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 




 



 





 



 



 



 





 



 



 



 



 



 



 





 



 



 



 






































































































































































 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Isola di Dino



 

 

 

 

 

 

 


 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L'isola di Dino è la maggiore delle due isole calabresi; l'altra è l'Isola di Cirella. Sorge sulla costa nord occidentale del Tirreno calabrese, di fronte all'abitato di Praia, davanti Capo dell'Arena a sud del paese. Il suo nome deriva dal fatto che sull'isola sorgeva un tempio (aedina) dedicato a Venere. Altra ipotesi più accreditata sull'origine del nome dell'isola è quella che fa derivare il nome dall'etimo greco "dina", ovvero vortice, tempesta. Infatti un tempo erano assai pericolose per i naviganti, in giornate di mare mosso, le acque prossime alla punta Sud dell'Isola, detta Frontone.



L’isola si estende per 50 ettari circa con una altezza massima di 100 metri. Nel versante settentrionale, di fronte a Capo dell'Arena, c’è un piccolo molo di attracco da cui parte una strada rotabile che con uno sviluppo di 1700 metri conduce nei cottages situati nella zona alta dell’isola. Ha fianchi con strapiombi alti oltre 80 metri ed altri piuttosto scoscesi, alla base dei quali, sia al di sotto che al di sopra del livello del mare, l'erosione sulle rocce calcaree ha dato vita a molte grotte tra le quali quella del “Monaco”, delle “Sardine” dove sono presenti stalagmiti, delle “Cascate”, del “Leone” ed infine la “Grotta Azzurra” che è la più grande.
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Su Dino si osservano i popolamenti meglio costituiti di tutto l'area della Primula un volatile in via di estinzione nel nostro paese. Questo probabilmente perché le postazioni di Primula su Dino sono accessibili con difficoltà e sono dunque poco disturbate dall'uomo. Infatti su Dino si notano frequentemente gruppi di Primula che, abbandonato il loro habitat rupestre, si spingono tra la vegetazione erbacea, fin sotto i lecci. Singoli esemplari o piccoli gruppi si osservano anche sulla spiaggia, abbarbicati alle pareti rocciose delle scogliere, presso la "Torre di Fiuzzi", di fronte all'Isola di Dino. La Primula di Palinuro è inserita nell'elenco delle specie minacciate dall'IUCN.  Per Dino è in corso l'iter di istituzione di una Riserva Naturale.
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La fauna di Dino comprende molte specie di uccelli migratori, gabbiani che nidificano sulle scoscese falesie e qualche rapace. Completano la popolazione piccoli roditori e diverse specie di rettili. Ben più variegato è l'habitat sommerso. Già a pochi centimetri di profondità si incontrano sterminate praterie di Poseidonia, regno del Cavalluccio marino e di altri piccoli crostacei. Scendendo nelle profondità ci si imbatte dapprima nelle numerose e allegre Castagnole, nella Murena, nei simpatici Polpi e ormai tra i 20/30 metri di profondità dove regna il silenzio e l'oscurità i colori si fanno magicamente più vivi con gli splendidi rami di Gorgonie che superano il metro di altezza e si estendono in praterie per alcune centinaia di metri. A queste profondità vivono numerosi esemplari di Cernia e Ricciola



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Commenti

  1. Mai andata in Calabria!Ma a guardare queste immagini c 'è da innamorarsene...Quando hai pronte le valigie, mi avverti che vengo pure io?  :-))Bella la scelta delle foto. Anche nel post precedente  ho notato che non ti sei risparmiato... bravissimo. Buon weekend . Jenny

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  2. Belle foto, bello il tuo commento.Somo sicuro che è stata una bella vacanza!CiaoS

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  3. Ma allora la Calabria ti è proprio piaciuta! Lo dicono le parole e le fotografie.Grazie anche -oltre che di essermi lustrata la vista guardando e leggendo- delle notizie che ci fornisci: alcune totalmente sconosciute.BacioneBess

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  4. ciao carlissimo, fantastici posti, interessante la storia di quest'isoletta sconosciuta, bello anche il restyling del blog... un abbraccio dal nord della romagna

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  5. è bello ritrovare il contatto con la natura......la calabria è bello soprattutto per questo....la nota più lieta di questa regione....non distruggiamola....

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