HERMANN HESSE








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«Superiore…io a te? » balbettò Boccadoro tanto per dir qualcosa;
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«Certo», continuò Narciso. «Le nature come la tua, dotate di sensi forti e delicati, gli ispirati, i sognatori, i poeti, gli amanti sono quasi sempre superiori a noi uomini di pensiero. La vostra origine é materna.
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Voi vivete nella pienezza, a voi é data la forza dell’amore e della esperienza viva. Noi spirituali, che pur sembriamo spesso guidarvi e dirigervi, non viviamo nella pienezza, viviamo nell’aridità.
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A voi appartiene la ricchezza della vita, a voi il succo dei frutti, a voi il giardino dell’amore, il bel paese dell’arte. La vostra patria é la terra,  la nostra l’idea. Il vostro pericolo é di affogare nel mondo dei sensi, il nostro di asfissiare nel vuoto. Tu sei un artista, io un pensatore. A me splende il sole, a te la luna e le stelle, i tuoi sogni sono di fanciulle…»
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Boccadoro non era  di quegli artisti infelici che pur possedendo alte doti non trovano mai i mezzi adatti per manifestarle.
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Ci sono infatti di quelli a cui é dato sentire con profondità ed intensità la bellezza del mondo e portare nella loro anima immagini nobili e sublimi ma che non trovano la via di estrinsecare queste immagini e di comunicarle per la gioia degli altri. Boccadoro non soffriva di questa deficienza.
In un mondo di sogni, Boccadoro viveva più, che in quello della realtà. Il mondo reale non era che una superficie, una sottile membrana tremante sopra il mondo trascendentale delle immagini e dei sogni.
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Un nulla bastava a forare questa membrana sottile: qualcosa di misterioso nel suono di una parola greca in mezzo ad un’arida lezione, un’ondata di profumo, la vista d’un tralcio di pietra dal capitello d’un arco di finestra… bastavano questi piccoli stimoli per forare la membrana della realtà e per scatenare il tumulto di abissi, di fiumane e di vie lattee, che s’agitava in quel mondo immaginario dell’anima.
Boccadoro parlava raramente di questo suo mondo di sogni; solo poche volte ne fece cenno a Narciso.
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«Io credo» gli disse un giorno,«che un petalo di fiore o un vermiciattolo sul nostro cammino dica e contenga molto di più di tutti i libri dell’intera biblioteca…

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Talvolta scrivo una lettera greca, un teta o un omega e girando appena un pochino la penna vedo la lettera che guizza; é un pesce, mi ricorda in un attimo tutti i ruscelli e i fiumi del mondo, tutto ciò che esiste di fresco e di umido, l’oceano di Omero e l’acqua su cui camminava Pietro;
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oppure la lettera diventa un uccello, mette la coda, rizza le penne, si gonfia, ride, vola via... Ebbene Narciso tu non dai molta importanza  a lettere di questo genere vero? 
Ma io ti dico: è con esse che Dio scrisse il mondo.» 
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  [ Narciso e Boccadoro - H.Hesse ]




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Sull' anima
Impuro e deformante è lo sguardo della volontà. Solo quando non desideriamo niente, solo quando il nostro guardare diventa pura contemplazione, si schiude l'anima delle cose, la bellezza. Se osservo un bosco che intendo comprare, affittare, ipotecare, dove voglio tagliare legna o andare a caccia, io non vedo il bosco bensì i legami con le mie intenzioni, i miei progetti e preoccupazioni, il mio portafoglio. Allora esso è fatto di legno, è giovane o vecchio, malato o sano. Se però non voglio niente da lui, guardo "senz'altri fini" nella sua verde profondità, ecco che è soltanto bosco, è natura e creatura vegetale, è bello.
Così succede anche con gli uomini e con il loro aspetto.
L'uomo che guardo con timore, con speranza, con desiderio, con precise intenzioni e richieste non è un uomo, bensì soltanto un torbido specchio della mia volontà. Consapevolmente o meno, io lo guardo e mi pongo domande che sono grette e mistificanti:E' disponibile o superbo?Mi stima? Gli si può chiedere denaro? Capisce qualcosa d'arte? Con mille domande del genere osserviamo la maggior parte delle persone con cui abbiamo a che fare 
Nel momento in cui si placa la volontà e si instaura la contemplazione, il puro osservare e abbandonarsi, tutto cambia. L'uomo non è più utile o pericoloso, interessante o noioso, gentile o rozzo, forte o debole. Diventa natura, diventa bello  e singolare come tutto ciò a cui si rivolge la contemplazione pura.
Perchè la contemplazione non è nè studio nè critica, è soltanto amore. E' la condizione della nostra anima più elevata e desiderabile: amore senza cupidigia.
Se riusciamo a raggiungere questo stato, anche solo  per pochi minuti, ore o giorni, gli uomini ci appaiono diversi dal solito. Non più specchi o caricature della nostra volontà, ma natura.

Bello o brutto, vecchio e giovane, buono e cattivo, aperto  e chiuso, duro e tenero non sono più opposti, non sono più criteri di giudizio. Tutti sono belli, tutti meritano attenzione,nessuno più può essere disprezzato, odiato o frainteso... Così ruolo e compito particolari dell'uomo sono di rappresentare l'anima.

Inutile dibattere se l'anima sia insita nell'uomo, o se si trovi anche nell'animale o nella pianta. L'anima  è certamente ovunque, è ovunque possibile e disponibile...E così è soprattutto nell'uomo, che cerchiamo l'anima. La cerchiamo là dove  è presente, soffre e agisce  nel modo più manifesto. E l'uomo ci appare come l'elemento del cosmo, come la provincia speciale il cui compito presente è di sviluppare l'anima, come un tempo era stato suo scopo  diventare bipede, inventare utensili e procurarsi il fuoco. Così l'intera umanità diventa rappresentazione dell'anima....

Non ha dunque importanza essere materialisti o idealisti o altro - immaginare l'anima come qualcosa di divino o come materia destinata alle ceneri- tutti noi la conosciamo e le attribuiamo grande valore. Per ognuno di noi, essa è lo sguardo espressivo dell'uomo, è arte; la sua struttura è lo stadio più elevato, più evoluto e prezioso dell'intera vita organica.

Il nostro simile diventa così l'oggetto più nobile più eletto e più degno di contemplazione. Non tutti sanno fare  questa semplice valutazione in modo libero e spontaneo. Se oggi si osserva come si comportano fra loro due uomini qualunque, che per caso, fanno conoscenza  e non desiderano effettivamente niente di materiale l'uno dall'altro, si avverte in maniera quasi tangibile come ognuno di loro sia oppresso da una crosta protettiva, da una membrana difensiva, da una rete tessuta unicamente con rimozioni dell'elemento spirituale, con intenzioni, paure e desideri tutti orientati verso mete secondarie, che separano il singolo da tutti gli altri.
E' come se all'anima non fosse nemmeno lecito avere la parola, come se fosse  necessario proteggerla con alti steccati, gli steccati della paura e della vergogna. Solo l'amore disinteressato può  spezzare questa rete. E ovunque  si apre un varco, là c'è l'anima che ci guarda.


Siedo in treno ed osservo due giovani che si salutano perchè il caso li ha avvicinati per un'ora.
Il loro saluto è estremamente singolare, quasi tragico. Queste due persone sembrano salutarsi da distanze siderali, da poli gelidi e disabitati.


Ciò che dicono, considerato dall'esterno è del tutto assurdo, è lo schizzo consunto di un mondo senz'anima. Rari, molto rari, sono gli uomini la cui anima si esprime, già nei discorsi quotidiani. Sono più che poeti, sono già quasi santi

I nostri due giovani in treno rivelano poca anima o nient'affatto, sembrano consistere di volontà organizzata, di intelletto, di propositi e progetti. Hanno perso la loro anima nel mondo del denaro delle macchine della diffidenza.

Parlano il linguaggio di tutti i giorni, un linguaggio tanto poco idoneo alle finalità dell'anima...Questo linguaggio primitivo, rozzo e balbettante suona press'a poco così:"
"Giorno" dice l'uno
"
Giorno" risponde l'altro
"
Permette?" chiede l'uno.
"
Prego" fa l'altro 
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Con ciò viene detto ciò che doveva essere detto. Le parole non hanno significato, sono pure forme ornamentali dell'uomo primitivo.
Quanto mai singolare è però il tono in cui vengono recitate le parole di rito. Sono parole di cortesia. Ma il loro tono è stranamente conciso, rapido, secco, distaccato, per non dire malevolo. Non vi è motivo di dissidio, al contrario, e nessuno ha intenzioni cattive. Ma l'espressione e il tono sono freddi misurati, bruschi, quasi offesi....

Durante un'ora di viaggio in treno hai così osservato due giovani uomini, in un certo senso, persone di media cultura dei nostri tempi . Si sono scambiati parole, saluti, idee,  hanno annuito e scosso la testa, hanno fatto mille  piccole cose, eseguito movimenti, ma in niente di tutto ciò  la loro anima era partecipe, in nessuna parola, in nessuno sguardo: tutto era travestimento, tutto era meccanico.

Interroga la tua anima! Chiedile che senso ha il futuro, che cosa si chiama amore. Non porre domande al tuo intelletto, non cercare a ritroso nella storia del mondo!

La tua anima non ti accuserà di esserti occupato troppo poco di politica, di aver lavorato troppo poco, di non aver odiato abbastanza i nemici  e rafforzato quanto occorre i confini del tuo stato.
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 Ma forse  ti accuserà di aver avuto troppo spesso paura delle sue richieste e di essere sfuggito, di non aver mai avuto tempo per dedicarti a lei, la tua creatura più giovane e bella, per giocare con lei, per ascoltare il suo canto; ti incolperà di averla spesso venduta per denaro e di averla tradita per tornaconto.

E così è successo milioni di volte e dovunque si posi lo sguardo si vedono uomini dall'espressione irritata, imbronciata, cupa, quasi non avessero più tempo che per le cose più futili, che per la Borsa e per la casa di Cura.

Sarai nervoso ed ostile alla vita - così dice la tua anima- se mi trascuri e così rimarrai e morirai, se non ti volgi a me con nuovo amore e cura. Vada pure come vuole il corso del mondo, un medico, un aiuto, un futuro e nuovi impulsi, tu li troverai sempre e soltanto in te stesso, nella tua povera, bistrattata, sempre disponibile e indistruttibile anima. In essa non vi è conoscenza, giudizio, programma; vi è solo stimolo, solo futuro, solo sentimento.

Lei hanno seguito i grandi santi e i predicatori, gli eroi e i martiri, i grandi condottieri e i conquistatori, i maghi e gli artisti; essi hanno iniziato il cammino nella quotidianità per concluderlo nella beatitudine. Il percorso del miliardario è diverso e termina in una casa di cura.

Anche le formiche combattono guerre, anche le api sono organizzate in stati e anche i topi accumulano risorse.
La tua anima cerca altre vie e quando non vi riesce, quando i successi che tu ottieni avvengono a sue spese, la felicità si allontana.
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Perchè solo l'anima può provare " felicità", non l'intelletto, nè lo stomaco nè la testa o il portafoglio... Citerò una frase che ha già espresso in modo compiuto questo genere di pensieri. Fu pronunciata molto tempo fa ed appartiene alle poche frasi eternamente nuove:
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"Che ti gioverebbe  conquistare il mondo intero se però compromettessi la salute della tua anima? ”



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[ H.Hesse ] 




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L'incontro con la Natura
«Ogni nuovo incontro con la terra e la natura è simile, almeno per noi:il nostro cuore va incontro, docile e traboccante d'amore, all'elementare e all'apparentemente eterno, batte al ritmo del moto ondoso, respira con il vento, vola con le nubi e gli uccelli, sente affetto e riconoscenza per la bellezza delle luci, dei colori e dei suoni, riconosce di appartenere a loro, di essere un loro simile, e non riceve in cambio dall'eterna terra, dall'eterno cielo altra risposta che quello sguardo calmo e sorridente che ha il grande per il piccolo, il vecchio per il bimbo, il duraturo per l'effimero.
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Finché noi, per caparbietà o modestia, per orgoglio o disperazione, opponiamo a ciò che è muto il linguaggio, all'eterno ciò che è temporale e perituro e dalla sensazione di nullità e di effimero nasce il sentimento orgoglioso e allo stesso tempo disperato dell'uomo, il più infedele, ma più capace d'amore, il più giovane, ma più vigile, il più smarrito, ma più entusiasta dei figli della terra.
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Ed ecco, la nostra debolezza è vinta, non siamo più né piccoli né caparbi, non bramiamo più diventare tutt'uno con la natura, ma contrapponiamo alla sua grandezza la nostra, alla sua durata la nostra mutevolezza, al suo mutismo il nostro linguaggio, alla sua apparente eternità la nostra coscienza della morte, alla sua indifferenza il nostro cuore capace, colmo di amore e sofferenza.
[ H.Hesse ]

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 Molte volte avevo fantasticato sul mio futuro, avevo sognato ruoli che mi potevano essere destinati, poeta o profeta o pittore o qualcosa di simile.
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Niente di tutto ciò. Né io ero qui per fare il poeta, per predicare o dipingere, non ero qui per questo.Tutto ciò è secondario.
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La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere sè stessi. Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente.
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Il problema è realizzare il proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto fino in fondo dentro .
[ Demian - H.Hesse ]





Commenti

  1. Grande H.H

    "Il problema è realizzare il proprio destino, non un destino qualunque,
    e viverlo tutto fino in fondo dentro."

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  2. "La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere sé stessi."
    Ci si riuscirà mai? Ogni giorno è sempre una nuova scoperta...

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  3. Realizzare il proprio destino è na roba grande, ma viverlo tutto fino in fondo è immenso!! Eppure forse siamo qui per questo. Ha ragione lui... 

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  4. e qui m'inchino a te che hai scelto l'autore che più amo e, specialmente, in "Narciso e Boccadoro"...;)))

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