UN COMMENTO-POST O UN POST-COMMENTO?




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Avrei dovuto lasciare un commento, oggi... .
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Avrei dovuto scrivere un commento sulla pagina dell'amica Lamponemirtillo. Ma poi qualcosa mi ha fermato.

Ho intuito che i  pensieri avrebbero preso il largo e, incontrollabili, come spesso accade, avrebbero richiamato altre parole, una miriade di parole, e poi di nuovo altri pensieri.

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Un po’ come capita quando un’ape incontra un fiore. Quell’ape inspiegabilmente dopo pochi minuti non è più sola ma come, ad un richiamo invisibile ecco che sopraggiungono decine d’altre compagne. Così’ le parole e i pensieri: ne basta uno e poco dopo, altri ne arrivano, addensandosi in quel cielo mai tranquillo che è la mente.

Allora mi sono fermato: per non deturpare quella pagina così precisa e perfetta che aveva disegnato la mia amica Lampone. Quasi una foto. Mi sono chiesto allora … da quel mio groviglio di ricordi e considerazioni che avverto in modo ancora confuso, dopo aver letto quel  Post,  che commento sarebbe mai potuto uscirne? E’ allora che mi son trattenuto.  Mi sono fermato e ho deciso di scrivere un post-commento. Il tema? Gli anziani che ci capita di incontrare…
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Da ragazzino ero un grande ascoltatore dei racconti degli anziani, sia che parlassero dei “loro tempi” che del tempo presente. Sono stati i primi a cui ho riconosciuto la capacità di sapermi  affascinare con l’affabulazione, con quel loro modo di masticare il mondo e risputarlo fuori, diverso, morbido e afferrabile, come reso finalmente comprensibile dai loro stessi pensieri. Un mondo trasformato ed intriso della loro personalissima indole.
   
Così c’era  il signore perennemente incazzato con l'universo intero,  che ti raccontava innumerevoli storie di soprusi e vigliaccherie compiute da altri ai suoi danni. Il suo intento pareva quello di metterti in guardia, che se era capitato a lui tutto quello di cui raccontava, figurarsi a te che eri un semplice ragazzino curioso e del tutto impreparato alla vita.
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Ma poi c’era la nonna di un mio compagno di classe che pareva vivere in un mondo misterioso:  la vita sembrava scivolarle addosso con leggerezza, nonostante avesse subito già la perdita del marito e di un figlio. Pareva sfiorarla come in punta di piedi. Come una musica lieve al cui ritmo segreto lei sapesse muoversi da sempre.
Quella musica era il modo in cui riponeva  i panni che aveva appena stirato, era il modo col quale ci porgeva i dolcetti a metà pomeriggio, quando facevamo una pausa durante lo studio.


Era la cadenza con cui iniziava a parlarci di quando era lei che andava a scuola. Era la grazia involontaria di quando narrava di un tempo sconosciuto, fatto di mietitrebbia e vendemmie celebrate sull’aia e feste e veglie notturne quando ancora l’elettricità non giungeva nelle campagne.

     


photo by cKlimt
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Ricordandomi di queste figure ormai lontane e vive soltanto nei ricordi, mi sono accorto come anche oggi mi piaccia scrutare il viso e i gesti degli anziani. Ascoltarne i racconti.


Mi piace studiarli... anche ora, quando mi capita di accompagnare mio padre ad una visita di controllo, o di doverlo aspettare in un ambulatorio, ecco che osservo con cura le persone che si affollano in quei luoghi di attesa.
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All’improvviso ti accorgi che esistono persone che ti offrono la visione di un mondo che certo non ti appartiene, ma quella visione  ti viene anche a svelare molto degli occhi e dell’anima  di quella persona. E in quella sai riconoscerti.


    

E’ allora che mi ritrovo a pensare che quello sguardo col quale vengo a contatto ora, è il frutto di un’intera vita attraversata. Il frutto di caratteri innati e della lenta trasformazione che ha operato il fiume del tempo su quella persona. E’ allora che mi sprofondo nell’ascolto come se da un momento all’altro mi si potesse rivelare il segreto di cui vado in cerca, più o meno inconsapevolmente, da un tempo infinito.
Come se fra quelle storie di malattie superate a fatica, di acciacchi, di operazioni e ricoveri, improvvisamente risplendesse una verità che a me per ora resta preclusa.
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In quei momenti è come se mi volessi immergere  di proposito fra ciò che della vita passata riluce ancora negli occhi di quelle persone. E in parte mi accorgo che mi lascio catturare  come un tempo, dai loro racconti. Ne ammiro la compostezza, la dignità, la pacata rassegnazione e insieme vi avverto talvolta una selvatica fierezza.

    
Così certe volte, arrivo a chiedermi: “E tu fra trenta o quarant’anni come sarai?”

La risposta ho la sensazione di conoscerla. .
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Esiste un particolare tipo di persona che sa immedesimarsi nonostante gli anni e le prove subite, nonostante i segni del tempo che gli si sono incisi sulla pelle e nell’anima, nel punto di vista dell'altro. Che ha mantenuto ben viva la curiosità esistenziale.

Chi non è completamente assorbito da sé stesso e dal proprio ego, ma rimane capace di guardare la realtà, e saperla vedere anche con gli occhi di chi è venuto dopo di lui e ha trovato un mondo diverso.


Perché in fondo sa... Sa che il mondo non è mai conosciuto per intero, una volta per tutte.
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Esistono, persone così. Persone anziane che di tanto in tanto incrocio per strada e con le quali scambio discorsi, un sorriso e una misteriosa sensazione di affinità e sintonia.  Perchè c'è un modo di scampare alla fatica di vivere, senza farsene stravolgere o abbruttire e quelle persone ne sono la testimonianza viva.
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E’ il modo di chi ha capito che il suo modo di "digerire" il tempo che passa, non è il solo, che più in là vi può essere altro, che il suo pensare arriva solo fino ad un punto, ma oltre, c’è un territorio diverso dal consueto, uno spazio temerario e aperto al dubbio, alle domande senza risposta,  alla voglia di conoscere altro da sé.
    
Scruto fra quelle persone ormai così indifese di fronte ad una qualsiasi bronchite, ad un glaucoma, ad una aritmia cardiaca,  come in cerca di chi ha saputo mantenere uno sguardo saggio e insieme puro e innocente. Perennemente nuovo.

Quasi con la sensazione che un giorno lontano, sarà proprio dentro uno sguardo di quel tipo, che mi "incontrerò".


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