CENA SUL MARE
. |
Quella sera i ricordi arrivavano ai piedi della sua casa, come fossero un mare che ti viene a trovare nel buio. Un sordo rumore che agita la notte popolandola di presenze. . . Rivide il locale sospeso sul mare in cui avevano cenato una sera in cui le stelle cominciavano appena a crepitare per il largo del cielo. . Era il tempo in cui ancora tutto doveva accadere. . Il ristorante aveva un pavimento in granito e la terrazza d'assi di legno. Fiori appesi a incorniciare l'affaccio sull'abisso. I tavoli ancora vuoti nella penombra, illuminati appena da ondeggianti candele accese da poco dai felpati camerieri. . Lei era bella come è bella l’ultima sera che sai che devi partire. La sua pelle illuminava l’aria di un fresco profumo di primavera che si mischiava all'odore selvaggio del mare. Il tempo stava per cambiare. Lo si avvertiva nelle lunghe onde che venivano a schiantarsi contro le fondamenta e la roccia sottostante. . . Il ristorante l’avevano scelto con cura poiché entrambi volevano annegare in quel tramonto, in quella sera che presto sarebbe diventata una notte limpida da fare male. . Per arrivare al locale avevano attraversato un tunnel scavato nel sasso. Una rupe che aveva in cima un castello. Infine avevano preso posto ad un tavolo affacciato sul mare. C’era soltanto qualche coppia. Turisti come loro che scambiavano parole sottovoce. . Margot aveva occhi di un colore indefinito come ogni volta che l’emozione l’avvolgeva e le toglieva le parole. Dal viola al verde, dall’acquamarina all’indaco, ogni colore in lei poteva farsi lago e sommergere i pensieri. In quei laghi era facile immergersi, muti. Erano gli occhi allora a parlare. Erano finestre e s’aprivano dilatandosi. Allora lui quasi per sfuggire alla commozione di quell’immersione, fissava la linea dell’orizzonte e la confrontava con la luce che intravedeva nei suoi occhi liquidi. In albergo avevano fatto l’amore come fossero naufraghi. Con la dolce disperazione di chi sa che di lì a poco dovrà lasciarsi, ognuno aveva scavato dentro l’altro, in un crescendo senza fine che li aveva lasciati spossati, senza fiato. . Ad occhi chiusi, erano rimasti a giacere come oggetti abbandonati, mentre la luce dalle finestre andava perdendo gradatamente il proprio splendore, per lasciare spazio all’imbrunire. . Poi la doccia e lo scendere in paese tenendosi per mano. . Sapevano afferrare quei momenti, godersi gli istanti che li facevano sentire un’unica creatura. Ancora avevano toccato quella luce che era in loro. Poi sarebbe potuta venire la notte. Poi sarebbe potuto arrivare il tempo, a rubare la perfezione di quella loro fusione. Di quel loro gridare e affermare la bellezza che poteva essere nel mondo. . Cos'era quell'urlo che avevano in gola? Un atto di ribellione? Una rivolta? Era la gioia che veniva a bussare? Era l’anticamera della felicità? . .Le domande che fiorivano mentre scendevano la scalinata che portava al paese, s’affacciavano per un attimo alla mente e poi ricadevano come onde. . Aveva senso cercare le risposte? Sfiorarsi la pelle era più di una risposta. Placava la mente e donava una quiete ardente che nessuna ragione riusciva a spiegare. Che nessuna ragione avrebbe mai più spiegato. . Come nessuno avrebbe mai potuto spiegare la natura di quel mare che li riempiva. |
||||
.
.
sensazioni a cascata nel leggere queste tue parole.Un bel buongiorno per un lunedì mattina...
RispondiElimina... era solo l'anticamera della felicità.
RispondiEliminaBuon Pomeriggio. Cate
l'intimità è palpabile e coinvolgente come la magia del tramonto imminente che sposta lo sguardo verso l'orizzonte...
RispondiEliminaE' un piacere leggerti.
Mara
Una gran bella emozione leggere questo post!
RispondiEliminaArancia
:-)
RispondiEliminaCaspita! Ci sono dei momenti in cui il mare regala magie, ma ci vogliono occhi giusti per guardare e orecchie attente per sentire.
RispondiEliminaun saluto
molto coinvolgente, un piacere leggere queste tue parole
RispondiElimina