Matteo e le marmotte





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  La marmotta delle Alpi (Marmota marmota) è un mammifero appartenente alla famiglia degli sciuridi. E' parente dello scoiattolo ma al contrario di questo vive sul terreno e forma dei gruppi numerosi.  Vive a delle altitudini superiori ai 1.500 metri (spesso tra i 2000 e i 3000 metri), presso le pietraie comunque sempre al limite superiore dei boschi, dove gli alberi si diradano e diminuiscono di grandezza. Oltre che nelle Alpi, la marmotta si può incontrare nei Carpazi e, dal 1948, è stata reintrodotta con successo anche nei Pirenei, da dove era scomparsa completamente agli inizi dell'era quaternaria.  
     
   La marmotta è un animale dal corpo tozzo e del peso di 5/6 Kg, misura circa 70 cm di lunghezza, dei quali 20 per la coda. È un plantigrado dalle zampe possenti e dai lunghi artigli con il muso largo e corto. La testa è grossa e rotonda e la posizione degli occhi gli consente di avere un largo campo visivo, mentre le sue orecchie sono piccole e tonde, quasi completamente nascoste nella pelliccia. Le numerose vibrisse sono necessarie per la sua vita sotterranea e i denti incisivi sono molto sviluppati (per i suoi dentoni assomiglia infatti allo scoiattolo). La coda della marmotta è lunga, scura, pelosa e termina in un ciuffo nero. La pelliccia è folta e ruvida,  grigio-bruna sul dorso mentre la parte inferiore è di colore ruggine. La vita media della marmotta alpina è di 15-18 anni.  
     
     
     
  
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La marmotta è vegetariana, si nutre di erbe e graminacee, germogli e radici, fiori, frutta e bulbi. Ama in particolare le erbe aromatiche. Solo occasionalmente si ciba anche di insetti. Non beve: il suo fabbisogno di acqua viene soddisfatto dal consumo delle piante che ingurgita.

Inoltre è  un animale sociale che ama prendere il sole in compagnia: di giorno va in cerca di cibo e di sole, e gioca con le altre marmotte, ma rimane sempre in prossimità della propria tana, in cui rientra la sera, non appena il sole scende dietro le montagne. Specie quando è impaurita, o quando nota qualche intruso che si avvicina al suo territorio abituale  la marmotta emette un fischio caratteristico e molto acuto. Nonostante il peso, questo roditore riesce a correre, saltare ed arrampicarsi  tra le rocce con straordinaria velocità ed agilità.  Servendosi delle zampe e dei lunghi artigli la marmotta scava inoltre lunghe tane, con diverse stanze collegate da gallerie sotterranee. Le tane estive sono poco profonde e con molte uscite, mentre al contrario, quelle invernali sono invece costruite più scrupolosamente. In generale hanno una lunga galleria d'accesso che può svilupparsi per diversi metri e una grande camera centrale che viene rifornita di fieno. Possono cadere in letargo in questi rifugi fino ad un massimo di sei mesi, superando cosi il periodo invernale.
 
     
  A fine settembre, le marmotte si ritrovano nelle loro tane e le preparano per affrontare il lungo periodo invernale. Queste tane possono contenere  da 3 a 10/15 esemplari. La marmotta va in letargo, a seconda della rigidità del clima, generalmente da ottobre ad aprile. Questo roditore possiede un sonno da record che le consente di superare il freddo e il clima rigido e nevoso delle alte quote. Durante il letargo compie un vero e proprio miracolo fisiologico, la sua temperatura corporea scende da 35 a meno di cinque gradi, il cuore rallenta da 130 a 15 battiti al minuto e la respirazione diviene appena percettibile. Durante questo periodo, la marmotta consuma gradualmente le scorte di grasso corporeo accumulate nella bella stagione e per sei mesi dorme profondamente accanto al resto della sua famiglia. Si sveglia sporadicamente, e in genere, solo quando la temperatura all'interno della tana scende sotto i cinque gradi. Sopravvivere al freddo invernale è comunque molto difficile, la socialità dimostrata dalla marmotta è un elemento determinante che gioca a suo favore. Alcuni dati dimostrano che i cuccioli hanno più possibilità di sopravvivere quando vanno in letargo con i genitori e con i fratelli maggiori. In mancanza dei genitori, o anche solo uno di essi, nel 70% dei casi la prole non supererà i rigori della stagione fredda. Quella della marmotta è, quindi, una termoregolazione sociale: più si è, più possibilità ci sono di sopravvivere, soprattutto per i piccoli, che hanno dimensioni che non permettono loro di accumulare un sufficiente strato di grasso prima dell'arrivo del freddo e, per questo motivo, hanno bisogno di essere scaldati dagli adulti. Questi ultimi presentano una maggiore perdita di peso corporeo quando all'interno della tana ci sono i nuovi nati dell'anno  
     
     
     
 
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  Le marmotte sono animali territoriali, grazie alle ghiandole che si trovano nei cuscinetti plantari delle zampe anteriori, sul muso e nella regione anale, emettono una secrezione odorosa che "marca" i confini dei loro territori. Talvolta, però, non basta a tenere lontane altre marmotte; zuffe e inseguimenti sono il modo più convincente per spiegare agli intrusi che è ora di andarsene. Quando però ad avvicinarsi è un predatore la regola è fuggire! E per farlo in fretta, le marmotte hanno escogitato un sistema molto efficace: la prima che fiuta il pericolo dà l'allarme e in pochi secondi tutto il gruppo si rifugia nella tana. La tecnica è semplice: la marmotta che fa da "sentinella" si alza ritta sulle zampe posteriori, nella tipica posizione "a candela",  percepito il pericolo spalanca la bocca ed emette un grido simile a un fischio (provocato dall'espulsione di aria attraverso le corde vocali) udibile fino a centinaia di metri di distanza  
     
     
     
 
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La storia di Matteo, è per certi versi paradigmatica: semplice e stupefacente allo stesso tempo. Da quando aveva quattro anni, ogni estate, Matteo ha infatti trascorso due settimane completamente immerso nella vita di una colonia di marmotte, ed è bastato questo piccolo periodo, ripetuto però ogni anno, per far prima nascere e poi consolidare tra l'umano e i piccoli animaletti un'amicizia caratterizzata dalla reciprocità ma anche dalla consapevolezza della diversità esistente tra le loro due specie. 
 
 
 
 
 
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Matteo Walch è un bambino di otto anni,  figlio di una coppia appassionata di montagna. Il luogo è un piccolo albergo alle pendici della cima austriaca del Grossglockner. Da quando aveva 4 anni Matteo ha preferito la compagnia della marmotte al rimanere dentro il recinto del parco giochi dell'Hotel in cui soggiornava. Dal primo incontro le marmotte anzichè fuggire e scappare nelle loro tane sono rimaste ad annusare e a lasciarsi accarezzare dal curioso ospite.
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Ovviamente in questo caso non si può tirare in ballo quel famoso fenomeno chiamato "inprinting" che fa sì che un piccolo scambi l'essere umano per  propria guida o capobranco.
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Le marmotte che ogni anno attendono Matteo, infatti, sono per lo più, esemplari adulti, anche se attorniati da diversi piccoli.  In questo caso, si può parlare invece di  un fenomento di simpatia, di amicizia, di mancanza di paura, di estrema fiducia reciproca.
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S'è instaurato cioè un rapporto di vicinanza e quasi di "conoscenza reciproca" che fa sì che  le marmotte ogni anno riconoscano Matteo e lo circondino calorosamente come un vecchio compagno di giochi.
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Si è verificato ciò che gli scienziati e i biologi chiamano "socializzazione secondaria". Cadono le diffidenze, fluisce una corrente di simpatia ma la marmotta resta marmotta e il bambino resta bambino.
 
     
 
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      Stamattina leggendo di questa sua storia, non ho potuto far altro che fermarmi a pensare. I pensieri sono andati subito ad alcuni momenti della mia infanzia. Eh sì, perchè credo che da bambini, nell'immaginazione di tutti noi ci sia stato sicuramente un momento, in cui abbiamo sognato di poter comunicare con i gatti, di apprendere la lingua dei passeri, di decifrare il linguaggio delle formiche.
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.   Come negare che l'abbiamo fortemente desiderato? Come dimenticare che già l'osservare da vicino il regno animale era rispondere ad un desiderio segreto di comunicare e calarci da protagonisti in quel mondo?
 
 
 
 
 
 
 
 

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        Perchè è nell'infanzia più che in ogni altro periodo, che si avverte prossima la possibilità di rompere il silenzio che circonda le singole specie e di aprire un varco nell'apparente ferrea suddivisione dei linguaggi e degli alfabeti. 
 
     
     
 
     Oggi davanti a queste foto e alla storia di Matteo Walch non ho potuto far altro che avvertire di nuovo quel bisogno e ricordarmi di quei momenti quando si immaginava di poter giocare con l'universo intero guardandolo negli occhi e riuscire ad imparare gli innumerevoli linguaggi rappresentati dall'infinito numero delle sue creature.
 
 
 

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Commenti

  1. mi ci voleva proprio di leggere una bella storia così...

    Semplicità e purezza.

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  2. uff...avevo scritto un commento ed è sparitoooo

    volevo dire che mi piace il tuo modo di cogliere sempre con lo sguardo del fotografo e con la tua particolare sensibilità la bellezza...
    con questo post mi è venuta voglia di tornare piccola per comprendere tutti i linguaggi della natura...

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  3. Che splendore la storia del piccolo Matteo. Le poche marmotte che ho visto durante le passeggiate sono riuscita solo a fotografarle prima che scappassero.

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  4. letta questa storia con vero piacere
    un caro saluto

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  5. Le foto mi sembrano tutte fake...

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    1. invece ti posso confermare per certo che lì, al Grossglockner ho fatto amicizia anche io con le bellissime marmotte :) esperienza indimenticabile

      francesca, venezia

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  6. Caro Anonimo, non ti sfiora il dubbio di essere tu stesso un solenne fake? Apri bene gli occhi e non avere paura di quello che potresti vedere. Un saluto

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