L'Angiòlla ( * )

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L’Angiòlla l’è una fascèna d’òsi impalurìdi
streti int’una ligaza ad strèz nir
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Lia la cnos tot i fos
a gl’erbi boni pri cunèi
al videibi dal rivi
i caplet dal sèvi ad spèn

la zolla saibadga e agl’ombri
ch'a la sera al fa lom in te scur dal seibi
Al vosi dal ca, dov us sent
I segn dla saeta in te tronc dl’arora.
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La sera la ven zò dagli incult
da e'bosch che crès, finidi al végni.
Un ligàz ad stech int la faldèda
e un, d’erba, sora la testa
La ven olta pianin pianin:
la fèlza infileda int’è grambìl
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L’Angiòlla l’ha e’parfom
chi lasa
in tal men i garibaldìn
quand ta gni truv piò invèl.
E zocar invisebil dal su meni rovdi
sora la faza ad me burdèl.
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L’Angiòlla l’è sparida
un inveran ch’un sè più fat istèda.

A la sent dal volti, a nuvembar.
Int e’vent che ven zo da la culèna
Una carèza alzìra  sora tota cl’erba antiga
E’ i occ i rid, chi pè chi rogia

L’Angiòlla è una fascina di ossa decrepite
strette in un legaccio di stracci neri
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Lei conosce tutti i fossi
le erbe buone per i conigli
le vitalbe delle rive
i cappelletti delle siepi di rovi
la cipolla selvatica e le ombre
che la sera fanno luce nel buio delle selve.
Le voci delle case dove ci si sente
I segni del fulmine nel tronco della quercia.
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La sera viene giù dagli incolti
dal bosco che cresce, finite le vigne.
Un fagotto di stecchi sul fianco
e uno d’erba sulla testa
Viene giù piano piano:
la falce infilata nel grembiule.
..
L’Angiòlla ha il profumo
che lasciano nella mani i garibaldini
quando non li trovi più.
Lo zucchero invisibile delle sue mani ruvide
sopra la faccia di me bambino
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L’Angiòlla è sparita
un inverno che non s’è più fatta estate.

La sento delle volte a novembre.
Nel vento che scende dalla collina
Una carezza leggera sopra tutta quell’erba antica
E gli occhi ridono, che pare che piangano.

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                     (dialetto romagnolo - Cesena)

  (*) =  Angiòlla / Anzòlla 
            varianti dialettali di Angiolina


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Commenti

  1. Ricopio qui il commento di Iraida che stranamente non viene visualizzato sul Post:
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    "Un ritratto così reale che mi è parso di vederla Angiòlla, mentre vien giù dal bosco. E un'emozione così forte che le sue lacrime riempivano i miei occhi.Grazie! Un abbraccio." Iraida

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  2. Che dirti Iraida? ... Angiòlla è una figura della mia infanzia. Una contadina come forse non se ne trovano più. Stanotte l'avevo sognata e l'emozione provata, ha trovato lei le parole.Grazie a te per averla saputa vedere con occhi che ridono e piangono allo stesso tempo.

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  3. Sai, oggi quando son passata a leggerti, ho provato la stessa sensazione di Iraida. E anch'io mi sono emozionata. Molto. Si.
    Ciao.
    Cri

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  4. In silenzio leggevo la tua poesia tra me e me. Cercavo di darle la giusta intonazione in quel dialetto a me così familiare.
    D'un tratto, per la solita inspiegabile magia, ho sentito nella mia mente la voce di mia nonna. E tutte le parole hanno preso il suono giusto. Mi sono tornati alla mente i dialoghi fra lei e mia madre, parole mai rimosse, semplicemente accantonate perchè, ormai, in disuso nel mio quotidiano. Che emozione C! Non posso fare a meno di emigrarla nel mio blog... :)

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  5. @ Anto:
    il tuo commento mi ha fatto felice.
    Di solito a chi non è della zona il dialetto romagnolo pare ostrogoto. Sono contento invece che in questo caso questi suoni ti abbiano fatto andare con il pensiero a tua nonna.Chi ci ha preceduto ci ha fatto come sfiorare un mondo che non è il nostro. Ma noi, oggi, in qualche modo misterioso, ce lo portiamo dentro con tanto affetto.

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