"Il turno di notte lo fanno le stelle"





 
fotografia di Misti 
  
 
         
   
 
   
   


   
    A volte le parole scritte hanno l'intensità giusta per trasformarsi con naturalezza in immagini, emozioni e luci senza nulla perdere quanto a forza o significato, e anzi ricavandone nuovo vigore. Così un racconto può diventare film, quasi "necessariamente", in perfetta simbiosi tra mezzi espressivi. Accade con "Il turno di notte lo fanno le stelle", storia scritta da Erri de Luca, girata e montata con abilità e passione per ventitré minuti di cinema che allargano il cuore e restituiscono almeno un po' di serenità e speranza, nonostante questi nostri giorni bui.
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L'argomento è uno spunto, un'occasione, che riguarda però quello snodo fondamentale che mette alla prova ogni esistenza quando una malattia la mette in pericolo. Una donna e un uomo devono entrambi subire un intervento a cuore aperto. E, per sostenersi a vicenda, durante il ricovero preventivo, si sono promessi che, se tutto fosse andato a buon fine, avrebbero scalato le Dolomiti per celebrare la vita ritrovata. Fin qui l'antefatto. La storia (e dunque il film) mostra l'uomo e la donna, ormai dimessi dall'ospedale e pronti a  partire. Vanno, decisi a risalire la montagna, dove tutto è assoluto. Per rinascere.

"Il turno di notte lo fanno le stelle" è arrivato in libreria per Feltrinelli, con il libro-sceneggiatura di Erri De Luca e il Dvd del film. Edoardo Ponti è il regista e Natassja Kinski  ed Enrico Lo Verso sono, insieme con Julian Sands, gli efficacissimi protagonisti..
Il risultato è un corto, poetico e forte, girato e interpretato con professionalità e partecipazione. L'uomo e la donna sono in bilico sulla parete di una montagna, bella, assoluta, spaventosa; sotto c'è il precipizio, ma loro salgono, scalano la parete, si avvinghiano. Fino alla conquista, della cima e della loro seconda vita.
   
 
 

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Erri de Luca, dal soggetto al film, dalla scrittura alle immagini. Che cosa ti ha dato questa esperienza?

"Una volta consegnata la storia all' editore, non è più mia. La storia diventa proprietà del lettore che inventa le voci, allestisce la scena, da' una forma ai volti. Il regista Edoardo Ponti è stato prima di tutto un lettore che si è fatto coinvolgere dalla storia e ha voluto "vederla". Il cinema e' un riassunto delle arti, plasma scrittura, musica, pittura, danza nell' ibrido di un'arte nuova. .
Sapevo di cedere a quel lettore il diritto di autore di un altro linguaggio. Ho collaborato a rendere più visiva la sceneggiatura, affidando a immagini quello che avevo assegnato alle parole. In una scena ho tolto una battuta della protagonista che dice ""Vedo cicatrici dappertutto", sostituita dalla messa a fuoco di una crepa che corre lungo un vetro. Ho assecondato la visione di lettore che stava trasformando quella storia di carta in una di luci.
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Ma in più e' avvenuto uno scambio tra due che vanno insieme in montagna. Si e' realizzata un' alleanza come avviene in una cordata di due, legati ai capi della stessa corda.

. Sulle Dolomiti, sulle pareti che frequento da scalatore, dove e' ambientata la storia, abbiamo messo i piedi sui piccoli appoggi dello stesso vuoto. Cosi' e' stato con le altre persone della squadra, Nastassja Kinski, Enrico Lo Verso, Julian Sands, le produttrici, la quarantina di professionisti scaraventati in montagna. Questa esperienza mi ha dato allegria e mi ha regalato una nuova amicizia con il regista, insieme al quale immaginiamo nuove mosse".


Per i protagonisti, la montagna è salvifica, l’inizio di una nuova vita?
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"La montagna è bellezza di suolo che spinge la sua materia dal basso verso l' alto. E' la piu' grandiosa contraddizione della legge di gravità, dovuta a una spinta opposta che impenna di creste la sagoma della terra. La montagna costringe chi sta in basso a sollevare il capo e invita chi e' in cammino a respirare profondo. Allora chi e' ammaccato in corpo o  nei sentimenti, chi e' ferito al cuore da un guasto di fabbrica o da un'ulcera amorosa, trova in montagna la sua giusta misura di granello affidato all' immensita'. Li' dove si e' in inferiorita' rispetto alla potenza e alla violenza della bellezza, si rimarginano e si riducono le cicatrici.  Lo so per esperienza diretta, sono andato a scalare appena rimesso da un infarto. Ho voluto giocare subito a un lascia-o-raddoppia con la montagna e il mio azzardo e' stato assolto e accolto dalla montagna.
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Ho iniziato il secondo tempo della vita, come fanno i protagonisti della storia, per collaudo della nuova circolazione del sangue e per bisogno di farlo in grembo alla bellezza".


E per Erri de Luca, che cosa significa la montagna? Il perché di “Il turno di notte lo fanno le stelle”.

"La montagna è il mio territorio preferito. Mi pizzicano le dita di fronte a una parete verticale da scalare a quattro zampe, tentando l' imitazione delle mosse di un rettile, strisciando lentamente verso l' alto. 
Poi lassu', sopra una parete di montagna, non esistono proprieta' private. Chiunque puo' salire coi suoi mezzi, a suo rischio e sollievo, dovendo chiedere permesso solamente al vento, alle nuvole, alla neve, alla roccia. Nessun cartello di divieto di accesso sta sotto le pareti nord di Lavaredo, la est del Monte Rosa, o alla base dello spigolo sud del Pordoi dove si svolge la scalata dei due cuori nuovi della storia.
Le montagne si sono, finora, scrollate di dosso la pretesa di lottizzazione. Non appartengono che a se stesse  e alla vita animale che si e' adattata a loro.
Il turno di notte: durante l' assedio di Sarajevo, negli anni '90, il piu' lungo accerchiamento del secolo, si facevano serate di poesia. Erano a lume di candela, erano gremite. I cittadini andavano a sentire parole che potevano aggiungere qualche caloria alla resistenza, parole a contrappeso della malora.
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La poesia e' un formato di emergenza delle letterature, non una serenata sotto un balcone chiuso. Allora un poeta di quella citta' e di quell' assedio, che ho avuto per amico, Izet Sarajlic, di quelle serate diceva :" Chi ha fatto il turno di notte per impedire l' arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti".
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Lontano da li', dall' urgenza di fraternita' nell'oppressione, il turno di notte torna a essere di competenza delle stelle".
   
   

                           Da un articolo apparso su "LA REPUBBLICA"
   
         
         
 
 
  
 
 
 
  
 
Fotografia di Misti
 
 
 
 

Commenti

  1. Caro Carlo, per me la montagna è pace, è silenzio che urla e suggerisce,è meraviglia, è equilibrio, è fatica che rigenera, è sguardo che si perde, è .... tutto e di più .....
    Grazie per la tua sensibilità ....

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  2. @ Misti:

    Proprio perchè so come vivi la montagna mi fa doppiamente piacere utilizzare le tue splendide foto.
    Buona domenica, Misti!

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  3. E come non sentirsi vicini, a quello che racconta Erri De Luca, al post, alle foto, al commento di Misti.

    La montagna per chi la ama è questo, e nulla meno che questo.
    E' trascendenza.

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  4. Queste cose che leggo son tutte così vicine, così dentro che di più non ti posso dire, però le ho capite davvero, davvero. Giuro! Ed è stato bello leggerle e sentirmi capita. :)

    stileminimo

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