A distanza di tempo...




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A distanza di tempo capita di rileggere ciò che si è scritto
qualche anno fa.
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A distanza di tempo alcune parole ritrovate, 
sembrano
affondare in una specie di nebbia. Perdono il loro colore,
la loro nitidezza. Il senso di un vecchio Post può 
apparire così sbiadito, superato...
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Altre volte, invece, i colori rimangono nitidi, intatti. 
Brillano ancora di una loro innegabile verità. 
In quelle parole, comprendiamo allora di aver colto 
il punto esatto, le precise ragioni di uno stato d'animo 
o di un modo di essere.

La bellezza della scrittura credo stia proprio 
in questa
capacità di mettere a fuoco le sfumature più sottili,
i collegamenti e i pensieri di un momento, e di cristallizzarli
in una fotografia 
della propria anima.
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Sono passate alcune stagioni da quando ho scritto le parole
che seguono (il post "L'isola"), eppure anche ora,

rileggendole, devo ammettere che quella foto di allora
mi rappresenta. La sento mia.

Anche allora, era fine gennaio...

Anche allora, certi tramonti, incendiavano il cielo invernale
e i pensieri prendevano il volo...





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L'isola
       
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 Si auscultava. Come il medico di se stesso. .

In anni antichi, l’aveva appreso e ora rivedeva il bambino, l’adolescente, l’uomo che infine era diventato. Un uomo che non aveva mai rinunciato a ciò che era stato, e con testardaggine infinita, si era imposto la responsabilità di distillare da ogni esperienza, il miele di una saggezza personale.
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Spesso si immaginava come un albero in cui sopravviveva il seme, ma anche la tenera pianta cresciuta in amare stagioni di siccità, l’alberello che si era nutrito di crepe e di sabbia, l'albero che si era popolato di formiche nel sole, di chiocciole sotto la pioggia, e di meraviglia incessante come di un ossigeno luminescente,  fino a fiorire dentro una disperata maturazione.

Nulla era stato sprecato, perché tutto, nel tempo, aveva preso il colore dell’accettazione
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Ripensava a quel suo precoce sentirsi Ulisse-Odisseo.
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Il suo viaggiare sulla superficie del tempo, di isola in isola, di viaggio in viaggio, di naufragio in naufragio. Un viaggiare in cui la bellezza s’era impastata al dolore e ogni volta gli aveva donato una nuova vertigine. La coscienza di poter divenire un abisso, un vuoto, la roccia cava d’un ascolto infinito.
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Finiva un'altra giornata.
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Nella sera di gennaio, il tramonto assumeva mille tonalità ed i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dal sole calante.
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Da sempre era stato un uomo del tramonto. Conosceva alla perfezione il gusto agrodolce dello spegnersi della luce. Uno spegnersi che era tremore, un tremolare interiore e soprattutto una morte: quella
 morte apparente che contiene al suo interno una segreta rinascita.
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Se ne nutriva di quegli attimi. Se ne era nutrito bambino quando quell’arancio era riuscito a fermare le lacrime che gli ruggivano dentro.
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Era un segreto. Un segreto allevato in silenzio
Chi lo incontrava non lo scorgeva. Non poteva sapere... 
Non lo poteva certo immaginare che in quel suo abbandonarsi e perdersi nella Bellezza, vi era l'antico  tentativo di trovare le chiavi per delimitare il dolore, per circoscrivere il terrore che spesso gli congelava gli occhi, per dissacrare e dissimulare, l’amore che gli era stato negato in quel tempo lontano...
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Era nel crepuscolo, che da sempre, giungeva a percepire con una intensità sconosciuta ad altri momenti della giornata, il fluire del tempo ed il suo stesso galleggiare dentro quell’acquario dai colori tanto vivi. Era allora, che anche il soffrire di un tempo, prendeva ad assorbire quelle vibrazioni di luce, mutandosi in un esile, innocente piacere.
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Conosceva la malinconia.
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Sapeva la ricchezza a cui corrispondeva, in quella sua anima intrepida e così dedita al "sacro" racchiuso nel quotidiano, il sostare sul bordo del giorno. Conosceva la magia che era l'indugiare sul limite luminoso del giorno. Conosceva il tramontare e il risorgere in istanti che sono sempre rivoluzione e strazio e il riappropriarsi del contatto con le proprie radici, dentro un atto di cieca fiducia nel futuro, nel domani che sarebbe arrivato, nella danza del  tempo crudele e ribelle che un giorno ci crocifigge e il giorno seguente ci colma gli occhi di stelle.
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Era di nuovo dentro quel tremare di vene e quasi intravedeva in controluce, dentro il crepuscolo che ardeva in silenzio, il suo andare. I suoi viaggi per mare e per isole: l’isola di Ponza e la Sardegna, Capri, Lipari, Salina, Stromboli e Panarea, Favignana, Marettimo e poi ancora  l’Isola del Giglio,  Giannutri,  Ventotene, ed infine ultima, la Sicilia
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Si rivedeva sbarcare su quelle isole e indagarle, studiarle con cura, una ad una, come chi vada a esaminare una possibile sistemazione… Una dimora ma soprattutto una vera casa per il futuro. Come quell’uomo che per poche ore o minuti si identificasse nel futuro proprietario dell'abitazione, egli chiedeva notizie, studiava la storia, sbirciava ogni scorcio, ogni vicolo,  ogni discesa a mare. Perché gli apparteneva  da tantissimo tempo quel sogno: un giorno avrebbe avuto casa su  un'isola.
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Lo intuiva segretamente; lo sognava in lunghi e ardenti sogni che al mattino lo consegnavano spossato ad un’alba gelida di nebbia.
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Perché era a un’isola che aspirava. Un’isola di cui era stato difficile nel tempo scorgere un profilo ben definito. Perchè ogni volta il suo viaggio s’era risolto in tentativo. Un volo al futuro seguendo l’aquilone del proprio indomito sogno. Indugiava al tramonto a intuire se fosse stata semplicemente un’idea fra le idee o un luogo che attendeva di prendere una sua fisionomia, un vestire i panni d’una corrispondenza ad una determinata  isola reale .  
In preda ad una sete febbrile di conoscere e scoprire il luogo in cui finalmente  dichiarare la propria patria  era solito esplorare ogni angolo, ogni promontorio, ogni capo, quasi s’aspettasse un giorno di poter riconoscere quel luogo che, fin da piccolo sapeva immaginare ben oltre la linea d’orizzonte.
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Poiché questo era certo: un giorno avrebbe eletto la sua casa davanti al mare. Al mattino avrebbe spalancato le finestre su quell’infinita, rilassata, inquietudine. La colazione sarebbe stata apparecchiata in un giardino inondato di luce e tepore e in quella casa una donna avrebbe intessuto con lui un dialogo senza più interruzioni.
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Il mare, umile, ai loro piedi. Lo specchio del loro infinito parlare ed amare.
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Commenti

  1. Estasiata dalla bellezza delle parole e da quella delle immagini! Come stai??
    Io molto meglio, grazie per il commento che hai lasciato da me! :)
    Claudia

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    1. Ciao Claudia. Stamattina va un pò meglio. Felice che questo mio vecchio post ti piaccia.

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  2. Che paradiso di immagini e di parole!
    Tu sei uno scrittore, ma hai pubblicato libri?
    Ciao e buona serata, Carlo
    Lara

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    1. Cara Lara, le motivazioni dello scrivere sono le più diverse. C'è chi scrive per intraprendere una carriera in campo editoriale. Chi per diventare famoso ed avere una notorietà. Chi per una innata vocazione...perchè gli viene naturale. Ma poi esistono anche altre persone per le quali lo scrivere è come il respirare. E' strumento di conoscenza e di riflessione sul mondo che incontrano. Sul mondo interno e quello esterno.
      E' un atto vitale appunto come il respirare.
      Per me è una delle tante passioni come lo è stato il dipingere e attualmente, la fotografia. Se vuoi ti do un indizio sul mio atteggiamento rispetto allo scrivere :-))
      Dicono più queste parole che cento pagine di motivazioni:
      http://curiosidelmare.blogspot.it/2006/10/blog-post.html#links

      Ciao e buon weekend!
      Carlo laffleddado! :-)

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  3. Sera! Finalmente sono riuscita a veneri da te! Sono un pò di coccio con il pc ^.^ Wow è stupendo il tuo blog *.* meraviglioso non ci sono altre parole per descriverlo! Buona serata e grazie di essere passato da me! Buona serata!

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    1. Ben arrivata su questi lidi. Quì è un pò come una baia circondata dagli scogli... Certe volte il mare è tranquillo e la giornata luminosissima
      Altre volte sul mare c'è una bufera, tempesta... e la mareggiata s'infrange sulle rocce... Sentissi che frastuono e che onde !I ;-)

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  4. Ho la gatta alla finestra. Con una zampata ha spostato la tenda e si e' messa a guardare fuori. Sara' il contenuto del post, sara' la musica, ma sembra avere l'aria malinconica. O si sta semplicemente appisolando. Valli a capire i gatti, sono così misteriosi.

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    1. mi piacciono i gatti...
      forse perchè in una vita precedente lo sono stato io stesso...non mi stupirebbe. Tuttavia sul termine "malinconia" occorrerebbe intendersi.
      Secondo me malinconia non è una tristezza attenuata, una forma minore di tristezza. Assolutamente no. E' un altro stato d'animo del tutto autonomo dalla tristezza. E' sete d'altrove, è contemplazione e affetto per il mondo che vedi, è il sottile piacere del riflettere sulle mille sfumature
      della Realtà e a volte è apertura ad un diverso modo di comprendere e di sentire. Più di tutto è "ascolto".
      Quindi capisco molto bene la tua gatta.
      I felini mi piacciono perchè il loro comportamento non dissolve mai il mistero che li avvolge, anzi ti sfida a farti mille interrogativi.

      Un gatto è una nuvola di domande. La definizione è la mia ...Hihihihihihihi.
      Ciaooo. GattoCarlo

      Elimina
  5. Mi chiedo sempre, quando contemplo delle finestre che si aprono sul mare, come si devono sentire quelli che vivono lì, quando al mattino si alzano ed aprono le persiane, sullo splendore...

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    Risposte
    1. Me lo chiedo pure io. Penso proprio che sia il più bel risveglio che riesco a immaginare.

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