Mariangela Gualtieri [ II ]
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Altre due cose di Mariangela Gualtieri: | ||||
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Io non so se questa mia vita sia spianata
su un buco vuoto. Non so se il silenzio che indago
è intrecciato alla mia sostanza molle.
Io non so se quello che cerco e ho cercato
e cercherò, non so se quello che cerco
è un insulto a quel vuoto.
Non so se questo fatto di non avere un paio di ali,
sia premio o castigo,
io non so se la polveriera della mia inquietudine
sia un trono su cui mi siedo minacciato,
se la fuga che a scatti regolari mi pungola,
se quel puerile sogno di fuga
sia uno sgambetto d’angelo,
d’un buffone d’angelo che mi vuole inciampare.
io non so se l’amore sia una guerra o una tregua,
non so se l’abbandono d’amore sia una legge
che la vita cuce fino al ricamo finale,
Io non so che farmene di questi nemici che premono,
non so che farmene oggi di questo oggi
e me lo ciondolo fra le dita perplesse,
non so parlare quello che è sentito nel profondo me,
non so parlarlo quell’essere
qui presente fra le vite degli altri.
Io non so spiegarmi l’imperturbabilità di Dio,
e non mi spiego il non udire il suo grave lamento,
il suo urlo di collera o d’amore,
e non so vederlo che sono in cecità
ma vorrei sentirlo almeno piangere
come piango io guardando le facce indolorate,
guardando le facce con grave malattia terrestre,
io non so invocarlo nè bestemmiarlo
che è troppo nella sottrazione
e troppo astratto per i miei chili umani.
Io non so forse non voglio
consegnarmi negli uffici del mondo,
e stare buono nelle sale d’aspetto della vita.
Io non so nient’altro che la vita
e molte nuvole intorno che me la confondono
e non so cosa aspetto, cosa sto aspettando
in questo sporgermi al tempo che viene.
io non so e vorrei, vorrei,
non so stare fuori misura, fuori misura umana,
fuori da questa taglia finita.
Io non so perchè guardando l’acqua del mare
mi salta al petto una gioia di figlio con la madre.
Non so se questa uscita mia in un secolo a caso,
se questo essere qui a casaccio,
io non so spiegarmi questa malattia
all’attacco del mondo,
non so guarire questa malattia che indolora
e vorrei sistemare ogni cosa,
in un sogno puerile di tregua,
in un’arcadia anche retorica,
in un dormire abbracciato
dei guerrieri che si innamorano.
Io non ho capito e dovrei,
non ho capito il mondo della vita,
io non ho capito la legge sottostante
e non ho da fare la consegna a questi eredi cuccioli
che aspettano, che esigono da me l’aver capito
Io non so la canzone che spensiera
e non so soccorrervi, non so pur volendolo
con quella forza di cagna che dà il latte
non so soccorrervi nel vostro sbando,
io non so farvi un canto della guarigione,
non so farvi da balsamo
io non so mettervi nel coraggio essenziale,
nello slancio, nel palpito.
Il mio Graal l’ho ritrovato e perso cento volte.
Io non so se le particelle piriche del mio disagio
fanno una miccia che incendia.
Non so se l’Attila del mondo
ha una forza che straborda
le mie dita pacifiche, non so se indurlo a guerrigliare,
non so se indurlo se sedurlo se ridurlo a sagoma di sogno,
non so se alzare bandiera bianca
o finirò impantanato nella sua normalità stupefacente,
nella sua normalità di Attila che fa terra bruciata,
non so se battermi, essere patriota di un’idea sollevata,
non so se fare il giuramento alla primavera
che dice la sua infiorando e incantando,
non so se slanciarmi nel cataclisma barbarico
e dare un goccio d’acqua
alle bocche screpolate dei fratelli,
non so se fare il giuramento a questa tregua domestica,
se fare il giuramento delle pance satolle
o azionare un voltafaccia che strozza ogni boccone.
Non so se nell’uno o nell’altro caso sono salvo,
se sono salvo quando viene l’angelo col suo atto d’accusa,
e ci condanna ancora ad una logica finanziaria
e poi dà l’ordine di sospendere le vite.
Io non so se la bellezza è questa accademia di centimetri
la bellezza è questa carnevalesca decadenza di saltimbanchi,
io non mi spiego la crocifissione della grazia,
e non mi spiego perchè mi trovo qui,
in questo covo rivoltato
in questa fossa con gli orchi attuali
in questo lato barbarico della specie,
e non so perchè stando ad occidente
non si ode quell’alleluia delle cose.
Io non so se in questa schiena senza ali
ci sono grandi pianure da cui fare il decollo,
se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni per la manovra di decollo,
se sono io la freccia di questo arco della schiena,
se sono io arco e freccia,
non so in quale mano non mano o zampa di Dio
mi stanno torchiando,
e sottoponendo al duro allenamento dei dolori terrestri.
Io non so se la solitudine,
se quello strazio chiamato solitudine,
se quell’andare via dei corpi cari,
se quel restare soli dei vivi,
io non so se quel lamento della solitudine,
se quel portarci via le facce
se quel loro sparire di facce che avevamo dentro il respiro,
non so se il dono sia questo portarci via la carezza,
questa slacciatura.
E’ poco il poco che so
e di questo poco io chiedo perdono.
Io chiedo perdono per quello che so,
perdono io chiedo per tutto quello che so.
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[ da "Fuoco centrale e altre poesie per il teatro" - Einaudi, 2003]
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Che cosa sono i fiori?
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Non senti in loro come una vittoria?
la forza di chi torna
da un altro mondo
e canta la visione.
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L’aver visto qualcosa che trasforma per vicinanza,
per adesione a una legge che si impara cantando,
si impara profumando
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Che cosa sono i fiori
se non qualcosa d’amore
che da sotto la terra
viene fino alla mia mano
a fare la festa generosa.
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Che cosa sono se non
leggere ombre a dire
che la bellezza non si incatena
ma viene gratis e poi scema,
sfuma e poi ritorna quando le pare.
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Chi li ha pensati i fiori,
prima, prima dei fiori.
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[ da"So dare ferite perfette, in Senza polvere, senza peso" - Einaudi, 2006 ]
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la foto è bellissima, l'ho rubata...
RispondiEliminaSe ti piace hai fatto bene a prenderla..altro che rubare! :-)
Eliminasono andata a vedere le altre foto.
Eliminaquelle che preferisco sono le astratte, fatte con i giunchi, con i fili d'erba e le esplosioni di luce, che si frammentano ed esplodono invadendo la foto.
questa mi piace molto nei colori, mi porta in un paese nordico, al primo fiorire in primavera, colori freddi che annunciano una rinascita comunque.
l'ho messa sul mio desktop per ammirarla quando accendo. e grazie.
Sono due giorni che mi fermo a leggerla qui da te.
RispondiEliminaMi sento attratta da questo suo modo, a tratti iroso, a tratti tenero e dolce, di dire le cose che ha dentro.
E' Donna vera. Si. Intensa e vera, come questo verso che ha scritto:
"Io guardo spesso il cielo. Lo guardo di mattino nelle
ore di luce e tutto il cielo s'attacca agli occhi e viene a
bere, e io a lui mi attacco, come un vegetale
che si mangia la luce."
Ti ringrazio per "avermela presentata". Grazie davvero.
Cristina
Quella frase che citi, (sul bersi la luce) mi era tanto piaciuta che l'ho messa nelle citazioni che scorrono in cima al Blog :-)
EliminaMa della Gualtieri conosco diversi altri lavori di valore. Poco per volta li pubblicherò anche quì... Ciao Cristina
la musica è bellissima.... mi sembra di un film, o sbaglio ? che bello, si sta così bene qui...
RispondiEliminaLa musica è un altro tipo di respiro." Senza" si soffoca...io almeno, son fatto così.
EliminaQuanta umana fragilità in quei "non so"!!
RispondiEliminaGrande Mariangela Gualtieri...
Grazie a te Carlo.
Me l'hai indicato tu questo "monologo" e non ho potuto che concordare con te. La fragilità e la delicatezza pure in un carattere come il suo che sa essere roccia e acqua allo stesso tempo.
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