LOU REED
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[ Brano ri-bloggato da IL POST http://www.il post.it ]
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Abbiamo tutti la nostra storia con Lou Reed, anche senza averlo mai incontrato: Will Sheff degli Okkervil River invece sì, e la sua è commovente per tutti. | ||||
Quando ero al liceo, un ragazzo mi diede una cassetta dei Velvet Underground: conteneva i primi due dischi della band, ma era realizzata in maniera piuttosto approssimativa e le canzoni si interrompevano all’improvviso alla fine di ogni lato. _ Il ragazzo che me la diede suonava la chitarra come me, ma era molto più bravo: era un ragazzo un po’ curvo, con una massa di capelli unticci che gli arrivavano alle spalle, e mi raccontò un sacco di storie riguardo i Velvet; [...] misi su la cassetta e suonava esattamente come mi figuravo che fosse l’esperienza di prendere delle droghe. Mi spaventò. E mi fece venire voglia di prenderle davvero, delle droghe: cosa che mi spaventò ulteriormente. Nella voce di Lou Reed percepivo l’influenza di Dylan, ma tutto il resto mi suonava completamente alieno. Cantava come se stesse parlando. Stonava spesso. Cantava, ma come se stesse cercando di non impressionare nessuno. La musica stessa aveva un che di sbagliato, e mi sembrava che non fosse giusto che qualcuno l’avesse persino registrata su un disco. Tutte le regole che conoscevo riguardo alla musica mi sembravano improvvisamente arbitrarie e senza senso. Ero piuttosto sicuro di odiarli, i Velvet Underground, ma per qualche ragione continuai ad ascoltarli.[...] Altre band sono passate sul mio stereo, diventando un’ossessione per circa un anno: e poi sono finite sullo scaffale. _ I Velvet Undeground, invece, ho continuato ad ascoltarli ogni settimana, a volte ogni giorno. C’è stato un periodo – durato più di un anno – nel quale ogni mattina, appena sveglio, mettevo su White Light / White Heat a un volume tremendo. Mi faceva sentire purificato, come se la pelle mi fosse stata strappata di dosso e fossero rimaste solo le ossa, bianche – non poteva succedermi nulla, in quello stato, ed ero pronto a tutto. _ Ai tempi avevo una band e vivevo a Austin, fra mille lavoretti assurdi e la fatica di risparmiare soldi per continuare a suonare in giro. Non ci conosceva nessuno, e le poche persone che pure ci avevano visto non sembravano apprezzarci granché. _ Non avevo una gran voce, e non riuscivo a fare un sacco di cose che ad altri cantanti venivano benissimo. Era dura credere in me stesso, ma ci provavo. Quando la gente provava a farmi sentire meglio, mi dicevano cose del tipo «Beh, prendi Lou Reed. Ha una voce davvero strana ma riesce a risultare originale lo stesso, e alcuni vanno matti per lui proprio per questo motivo». Era bello sentirselo dire, ma tenevo quanto più lontana possibile l’illusione di diventare famoso e di successo (quasi) come Lou Reed. [...] Jonathan Meiburg era il nostro tastierista, e la cosa più vicina a un partner musicale che avessi: [...] Jonathan e io ascoltavamo "Berlin" in continuazione. Ci intristivamo assieme per le parti tristi del disco, mentre per il resto del tempo ridevamo e basta. _ Amavamo l’assurdo mix di batteria casuale, il suono ordinato dei fiati, gli assoli di chitarra armonizzati, i testi che parlavano di velocità, suicidio, abbandono e di braccia spezzate; e amavamo anche le grida dei figli del produttore Bob Ezrin, che aveva detto loro che la loro mamma era morta e poi aveva schiacciato il tasto “registra”. _ Amavamo il modo in cui per Lou “vial” faceva rima con “vile”. Le ultime tre canzoni parlavano di andare in chiesa, ma in una chiesa dove ti dicevano che non esiste nessun Dio, nessun significato, e da dove poi ti buttano fuori a calci. Rimanevamo sempre in silenzio, durante queste ultime tre canzoni, e ci restavamo per qualche minuto anche dopo la fine del disco. _ Guidavamo attraverso il deserto, e ascoltavamo “Sister Ray”: e quello che vedevamo fuori ci appariva come la stessa cosa che provavamo dentro di noi. _ Quella musica ci cambiò, in un modo in cui noi stessi desideravamo cambiare. _ Non volevamo che la gente fosse felice. Volevamo farle male, alla gente. Volevamo fare della musica per adulti, musica che fosse onesta e che non propinasse merda alle persone. E se anche avessimo voluto fare della musica allegra, avrebbe avuto un impatto genuino sulla gente perché sarebbe scaturita da felicità vera, quella che sa esistere assieme al dolore. _ Come quella che c’è in “Sweet Jane”. | ||||
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Provo una tristezza infinita quando se ne va un personaggio che ci siamo portati appresso per tutta la nostra gioventù e poi maturità.
RispondiEliminaE' come se insieme a lui se ne andasse un pezzettino di noi ,di come eravamo e come siamo !
Ciao,buona giornata.
liù
Non sono riuscita a commentare con il mio accoun di Wordpress,come mai?
http://strangethelost.wordpress.com
ho bisogno di leggerezza come vedi. Sull'altro fronte stiamo perdendo. Dura dura
RispondiEliminasarebbe piaciuta a Lou Reed. A me è piaciuta, molto.
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