Polline nel tempo



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Leggevo un articolo scientifico: le ultime scoperte  permesse dal più potente telescopio del mondo il Very Large Telescope, installato sulle Ande nel deserto di Atacama in Cile, ad una altezza di 2600 metri sul livello del mare.

Risulterebbe che una stella morente prima di spegnersi rilascerebbe quasi la metà della sua materia sotto forma di pulviscolo, una “sabbia” di materia che potremmo chiamare polvere di stelle.
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Questa materia anziché assorbire il calore della stella in fase di collasso, lo rifletterebbe e innescerebbe una serie di correnti in parte simili a quel fenomeno che conosciamo con il nome di “vento solare” ma con una potenza superiore di 100 milioni di volte. Miliardi di minuscoli “grani” di materia si metterebbero allora in moto alla velocità di 10 km al secondo, per un tempo pari a circa 10.000 anni  allontanandosi progressivamente dal centro della stella, verso l’esterno dell’universo.
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Questo movimento espansivo andrebbe così  a fecondare regioni in precedenza vuote.
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Successivamente, grazie alla forza di gravità si creerebbero nuvole di polvere stellare via via più dense e più tardi le nubi di materia  si agglutinerebbero in pianeti. In altri termini i granelli di polvere stellare si ricompatterebbero sotto forma di pianeti e la Terra non sarebbe altro che uno dei miliardi dei prodotti finali di questo fenomeno.

Inutile dire che questo tipo di argomento mi cattura da sempre. Tutto ciò che riguarda il cosmo risulta particolarmente suggestivo e coinvolgente, soprattutto là dove gli scienziati sono costretti ad avvalersi di metafore e similitudini per spiegare questo tipo di evoluzione.

Sapere allora che le stelle si spengono per diventare vento, viaggio, movimento... Apprendere che una stella potrebbe essere paragonata ad un fiore che, appassendo, rilascia il proprio polline per andare a fecondare nuove regioni di universo... Intuire che quel vento andrà ad innescare nuove strutture e manifestazioni di materia così come il vento terrestre, quello che conosciamo così bene, non è altro che uno dei tanti strumenti della Vita per espandersi e colonizzare nuovi territori, mi crea un senso di vertigine.
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Vertigine, ma non solo...
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Penso alla poesia ed ai poeti che hanno sempre immaginato intuitivamente l’universo come un più vasto palcoscenico su cui proiettare i fenomeni terrestri e quelli interni all’animo umano.

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Non sbagliavano in fondo. E il fatto che oggi l'arida scienza sia costretta ad utilizzare metafore poetiche mi suggerisce  che tutto si tiene. Che apparteniamo ad un Tutto che segue leggi unitarie.
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Mi affaccio alla finestra poco dopo la mezzanotte e pianto lo sguardo dentro quel buio vellutato e palpitante. Eccole lassù le stelle. Ma loro ci vedranno? Vedranno i miliardi di nostri occhi tremanti  colmi di interrogativi, dubbi, inermi stupori?
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Penso alle risate delle stelle del piccolo principe e  alle stelle che hanno sempre guardato i reclusi, gli esuli, i migranti. I popoli che sono gocciolati lungo la superficie di questo nostro tormentato pianeta in notti lontanissime e dimenticate.
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Ma le stelle ci riconosceranno? Ci sentiranno un po’ come i loro figli sperduti? come la fioritura lontana e irraggiungibile di quel loro eterno dissolversi e morire?

In questa notte di vento arruffato e stelle tremolanti, il buio si rischiara di fiori e petali disseminati in cielo.
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Noi siamo sguardi minuscoli, punti... fiammelle agitate da un vento di pensieri troppo grandi da maneggiare.
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Fisso quel tenue brillare, fino a quando gli occhi non vedono più. Ed arriva improvvisa la coscienza di appartenere a questa immensa fioritura di stelle e materia e dubbi e domande e sguardi muti.
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Noi i figli lontani e dispersi di quel polline di stelle, di quel vento cosmico che invisibile s’ostina a spirare.
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Noi che proviamo a scorgere non più con gli occhi, ma con la mente, quell’enorme mistero che ci ha preceduto e  quel mistero altrettanto immenso che farà seguito per milioni di anni, al nostro guardare di oggi, al pulsare di questi nostri sguardi nel buio, al durare d'un attimo del nostro stesso respiro.
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Siamo fiori anche noi. Fiori di questa stagione sconfinata che chiamiamo universo e i nostri stessi pensieri, un invisibile polline sospeso nel tempo, fra buio e futuro. Le nostre parole, come sabbia... sabbia di parole, che scorre verso altre anime e territori e non ci è dato sapere dove un giorno potranno ricomporsi e attecchire. Su quale prato torneranno a fiorire.

Il vento rinforza e porta profumo di pioggia. Cambia il tempo. Accosto piano le imposte. Pioverà domani.







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Commenti

  1. una spolveratina...di vita..alla vita...chi sà le stelle che desiderio esprimono..mentre ci vedono cadere...
    mi sei mancato..ti ritrovo..con un abbraccio...alma

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  2. S iamo piccoli semi
    I nvisibili ai più
    A ffinchè possiamo
    M eritare noi stessi
    O rganismi in continua ricerca

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  3. vengo volentieri in questo blog, non sempre commento, ma sempre mi emoziono leggendo i tuoi post.
    Complimenti e buon fine settimana

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  4. @ emerenz:
    Ciaoo Alma! ...nel tuo caso potremmo parlare di comete, di stelle che di tanto in tanto tornano e regalano una luce inaspettata. Felice di rivederti da queste parti e di condividere lo stesso cielo. :-)

    @ dandelion67:
    difficile conoscere cosa siamo...ci rispecchiamo in ciò che vediamo attorno a noi anche in un cielo stellato. Buona domenica intanto.

    @ Vilma Bellucci:
    Non importa commentare,l'importanrte è che le parole portino un senso, trasportino emozioni
    Non si scrive mai solo per se stessi, ma sempre con la speranza di condividere un pezzetto della propria anima con altre anime affini.

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  5. Ci ho sognato sopra cullata dalle sensazioni,proiettata in quel pulviscolo ho viaggiato. Confesso che ti ho rubato il post e l'ho messo fra le cose più belle per poterlo leggere e rileggere anche fuori di qui.

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